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inter rixantium manus pręda lacerata est. Ma Cicerone ancora in Verre ne fa mentione, dicendo. Post bellum, quod MV. Aquilius confecit, nullum fugitiuorum in Sicilia bellum fuit. Et il medesimo nella oratione, pro Flacco. MV. Aquilium patres nostri multis auaritię criminibus, testimonisque cõuictum, quia cũ fugitiuis bellũ gesserat, iudicio liberauerunt. E nell'Epitoma lxix. di q̃sto Aquillio cosi trouiamo scritto. MV. Aquilius Procos. in Sieilia bellum seruile concitatum confecit. Oltre di cio, che costui per tal vittoria seruile entrasse Ouante nella città, ci mostra Cicerone nel ij. de Oratore, con queste parole. il quale introduce Antonio à parlare in questo modo. Quare nolite existimare, cum mihi MV. Aquilius in ciuitate retinendus esset, quae in illa cã peroranda fecerim, sine magno dolore fecisse. quẽ enim ego Consulem suisse, Imperatorem ornatum à Senatu, Ouantẽ in Capitolium ascendisse meminißem, hunc &c. Dai quali tutti testimonij noi siamo chiari Manio Aquillio hauere Ouante trionfato de'serui fuggitiui di Cicilia. La figura armata dal riuerso in piedi è Aquillio, e l'altra figura captiua prostrata in terra, è di un seruo. la qual moneta ci dimostra questa uittoria. Onde noi dobbiamo giudicare, che essendo il sudetto Aquillio l'anno presente Triumviro monetale, battesse con tal moneta; nel cui riuerso, egli per onor suo, rinouò la memoria di questo suo egregio fatto. La testa di q̃lla giouene armata è la Dea Virtù, adorata dai Romani per Dea, alla quale M. Marcello nel suo primo Consolato dedieò un Tempio. Iuuenale ancora la pone per Dea. Vt colitur Pax atque Fides, Concordia, uirtus. &c. La quale eßere Dea, noi chiaro conosciamo per gli riuersi di molte medaglie. E fra l'altre in Vitellio in rame, c'ha dall'un de'lati i simolacri di due Deita, cioè dell'Honore e della Virtù. delle quale la Virtu è armata, e pone il destro piede sopra vna testudine, cõ tale iscritione d'intorno
NONOS ET VIRTVS.
E l'Istesso riuerso noi aencora vediamo in Vespasiamo; si come il simolacro di questa Dea Virtù posiamo parimente riconoscere dai riuersi di molte altre antiche medaglie.
LA MONETA
in argento di T. Didio, ha da una parte la testa di Roma armata, col segno del Denario dirimpetto il volto, & di dietro queste abbreuiature di lettere.
R M
. cioè,
ROMA
. Ha per riuerso due figure in piedi, l'una delle quali è armata, che nella destra tiene un flagello, e nella sinistra uno scudo; & l'altra figura si vede ignuda, medesimamẽte armata di seudo, e con vn arme in mano, la quale si mostra spauẽtata dal flagello, con cui pare essere per cossa dalla sudetta figura. Et sotto ui si leggono queste lettere
T. DEIDI
. Questa moneta fù battuta in Roma l'anno della città Delv. sotto il Consolato di Tito Didio, il quale fù collega questo anno di Q. Metello Nepote. Questo T. Didio combattè in Ispagna felicemente contra i Celtiberi, i quali furono da lui soggiogati, si come scriue Appiano, e Frontino al libro. ij. e come ancora si vede nella Epitoma lxx. Per la qual vittoria noi leggiamo in esso Appiano lui hauer trionfato, e ne gli scrittori Capitolini; ma però cinque anni doppo il Consolato, che fu l'anno
660.
Del qual trionfo noi non vediamo alcuna sua moneta signata. Conciosia, che in questa, per le due figure del riuerso, è rinouata la memoria della guerra seconda Seruile, e di quella vittoria, c'hebbe la republica. percioche il flagello, con cui batte quel seruo