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tale iscrittione intorno.
SILIVS. ANNIVS. LAMIA
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Ha dal l'altra
S. C
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Et queste lettere
A. A. A. F. F. III. VIR
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Questo Annio Lamia fu il Triũuiro monetale, & questa era vna moneta di rame. Et vn'altra moneta, in rame, picciola, che ha da vna parte il modio, misura antica del grano, con le spiche del frumẽto dentro, & con tale iscrittione d'intorno.
IMP. NERVA. CAES. AVC
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Et ha dall'altra parte il caduceo, cõ
S. C
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La qual moneta si vede essere stata battuta in tempo di Nerua Imperadore, & penso per occasione del suo congiario dato al popolo, del quale si vede la sua medaglia grande, in rame, d'eccellente maestro. Vn'altra picciola moneta fù battuta sotto l'Imperio di T. Claudio, in rame, che ha da vna parte vna mano, con l'istrumento da pesare ouero la bilancia, nel cui mezo leggonsi queste lettere
PNR
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Et intorno.
TI. CLAVDIVS. CAESAR. AVG
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Dall'altra
S. C. IMP. COS. DES. IT. PON. M. TR. P
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Nella quale le lettere
PNR
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sono interpretate: Pecunia. Nostra. Scritte nel mezo della bilancia. Perche, come s´è detto, appresso gli antichi la pecunia si daua à peso, & non à conto.
Sono alcuni altri, che hanno opinione, che le medaglie picciole d'argento, segnate delle effigie dei Cesari, delle quali si truoua tanta quantità, si portauano ogni anno à Roma dalle città tributarie, per pagare il tributo. Onde per non portare l'argento, che pagauano, rozo, & per gratificarsi i Principi di quel tempo, le segnauano con le loro effigie. Percio che il popolo Romano, nelle vittorie, sempre comandaua alle nationi & alle genti superate l'argento, & non poro, come fa fede Plinio, & Liuio nell'ottauo libro della
VIII
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decade scriuendo, che nelle conditioni della pace fu concesso da'Romani à gli Etoli, che potessero per vn ducato d'oro, pagar dieci monete d'argento. Sopra di che discorrendo ancora il Budeo, dice così. Pollux libro nono de vocabulis ad Commodum Caesarem, aurum ad argentum decuplam proportionem habuisse his verbis affirmat. Conciosia, che conueniua il rame con l'argento, & l'argento con l'oro in decupla proportione. Il medesimo patto noi habbiamo à credere, che foße fatto dà Romani à tutte le altre genti & città tributarie, così d'Italia, come di altri luoghi. Questa opinione, che le medaglie picciole di argento, segnate delle effigie dei Cesari, si portassero à Roma ne i tributi dalle città soggette, penso che sia perauentura fondata sopra quel detto del Vangelo di Matteo al cap.
XXII
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Doue volendo i Farisei tentar Giesù Christo, Signor nostro, per pigliarlo in parola, lo addimandarono del tributo di Cesare. Et dìce l'Euangelista così. Tunc abeuntes pharisaeì, consilium inierunt, vt caperent eum in sermone. Et mittunt ei discipulos fuos cum herodianis dicentes, Magister scimus quòd verax es, & viam Dei in veritate doces, & non est tibi cura de aliquo, non enim respicis personam hominum, die ergo nobis: quid tibi videtur, licet censum dare Caesari, an non? cognita autem Iesus malitia corum, ait: quid me tentatis hypocritae? Ostendite mibi numisma census, at illi obtulerunt ei denarium. Et ait illis Iesus, cuius est imago haec, & superscriptio? Dicunt ei, Caesaris. Tunc ait illis. reddite ergo quae sunt Caesaris, Caesari, & quę sunt Dei, Deo. Il testo greco à quel passo dice così.
έπιδέξατὲ μοιτὸ νζμιτμα τυὸ χήνσον. οὶ δὲ προσ{ι’μ} εγκακ {αἰ}τῶ δ{ην}άσιον.