80.
T
uttauia io ho in esse medaglie osseruato, che ciò, che gli antichi segnarono nel rame, scolpirono parimente nell'argento, e nell'oro; percioche essendo stato il rame primo in esser segnato appo i
R
omani, ragioneuole cosa fu, come quello, che per l'antichità era piu nobile de glialtri metalli,
(
perche anco piu nobili in
R
oma
si stimauano quegli huomini, che piu anticamente ui haueano habitato, e nuoui quelli altri
)
quasi come non nobili
(
che da poco tempo ui haueano cominciato a stanzare
)
che riceuesse maggior dignità perche, come dice
V
alerio
M
aβimo
, i
R
omani furono molto osseruatori de gli ordini, & institutioni de' lor maggiori.
E
però questa antica dignità del rame, pare che il
S
enato
R
o. uolesse di mostrare, quando
(
poi battuto l'argento, e l'oro
)
pose in tutte le monete di rame le due lettere
S. C. L
equali, come è detto piu a dietro, dimostrauano in esse il consenso del
S
enato, uolendo inferire, ch'elle erano leggitimamente, e non tirannicamente ad honore del
P
rencipe fatte.
D
oue a rincontro in poche, anzi quasi in nissuna d'oro, ne d'argento, le dette lettere notarono; come che s'intendesse, che essendo stato concesso il nuouo segno nel rame, ch'era il piu degno per la sua perpetuità, ancor ne gli altri due metalli si potesse fare.
M
a quanto grande fosse la dignità delle medaglie, ancor per la effigie de'
C
esari, comprendere si può da gli scritti di
S
uetonio
nella
V
ita di
T
iberio
al cap.
58.
ilquale narra, che fu pena capitale il portare adosso il danaio con l'effigie del
P
rencipe ne' luoghi immondi, e ne' bordelli, dicendo.
D
amnato reo paulatim genus eò proceβit, ut haec quoque capitalia essent.
C
irca
A
ugusti simulacrum seruum cecidisse, uestem mutasse, nummo, uel annulo effigiem impressam latrinae, aut lupanari intulisse.
S
i come ancor nel prencipato di
C
laudio
, la medesima effigie non poteua alcuno portare nello anello intagliata, se non quelli, a'quali da suoi liberti fosse stato concesso di portare, autor
P
linio
al 33.
C
ap. 3.
S
eneca
parimente nel terzo de'
B
eneficij al cap. 27. dimostrando il medesimo. dice.
S
ub
T
iberio
C
aesare fuit accusandi frequens, & pene publica rabies: quae omni ciuili bello grauius togatam ciuitatem confecit.
E
xcipiebatur ebriorum sermo: simplicitas iocantium.
N
ihil erat tutum.
O
mnis seruiendi placebat occasio.
N
ec iam reorum expetebatur euentus, cum esset unus.
C
aenabat
P
aulus praetorius in con uiuio quodam, imaginem
T
iberij esse habens eccipa & eminente gemma: rem ineptiβimam fecero: si nunc uerba quesiero quemadmodum dicam illum sumpsisse.
Q
uod factum simul, &
M
aro ex notis illius temporis uesti gatoribus notauit: & seruus eius quo nectabantur insidiae ebrio annulum