327.
appoggiato la sinistra ad vn'hasta, porge con la destra mano il Caduceo, e vi si legge: FE LICITAS COS. 11. S. C. la Felicità può quì intendersi per la mutatione dello stato in migliore, accadendo ciò spesso a'Principi così per effetto della Giustitia di Dio, come per la pru denza humana, nel qual primo caso il Principe giusto riceue da Dio delle proprietà, per ristoro della sua bontà: e nel secondo s'egli con industria, e vigilanza aumenta lo stato, o preualendo con l'ingegno, e con la sollecitudine all'Inimico, o vincendolo in battaglia, tutto ciò come a causa secõda s'attribuirà alla prudenza di lui: onde pare, che ciascuno possa, per tal via, esser fabro della propria fortuna. Fù dunque felicità in Albino l'essere stimato degno dell'Imperio, e l'arriuarui, che per voler di Dio egli fece; e sarebbe anche stato effetto di prudenza se hauesse trouati opportuni modi di vincere l'Inimico: ma troppo duro fù per lui l'incontro della peritia, e del valore di Seuero.
E perche fuor di misura fù desiderato il venire di Albino a Roma, non si lasciò per conseguire tal fine di sacrificare alla Dea Fortuna riduttrice, o riconduttrice, vedendosene il segnale nella medaglia con testa, e nomi come di sopra, che mostra nel rouescio la detta Dea sedente, col Cornucopia nella sinistra, e distende la destra mano verso vn timone di Naue; il quale si posa sopra il globo con tali parole: FOR TVNAE REDVCI. S. C. Simil fortuna fù rappresentata in A driano.
Pare, per mio credere, che il Senato non cessasse di far delle instanze ad Albino con varie figure concettose, a fin difarlo risoluere a trasferirsi in Roma, per occuparui l'Imperio: oltre che priuatamente vi fù anche da molti chiamato. Per cotal fine dunque giudico fosse stampato nel rouescio di vna sua medaglia il simulaero di Mercurio in piedi, col capo
5. ornato di raggi, che tiene con la sinistra vn tridente, mentre porge con la destra il caduceo, vedendouisi scritto: SECVLO FRVGIFERO COS. 11. S. C. e forse il Senato intese per Mercurio il Messaggiere non più de'Dei, ma di sè medesimo ad Albino, accioche riguardati i raggi dello splendore, che reca con sè l'ampiezza dell'Imperio, si disponesse di venirlosi a prendere in Roma, già che la felicità di esso, figurata nel caduceo, con l'inuito fattogliene, si riponeua nel poter suo: e se con le forze di Terra non valeua per contrastare a Seuero, si seruisse di quelle di Mare, denotate nel tridente, già che mentre l'altro dimoraua nelle parti Orientali, rendeuasi a lui il tempo opportuno a produrre frutti di effetti in prò della Republica, la quale più esso, che Seuero desideraua nell'Imperio.
Debellato da Seuero, e morto Pescennio nell'Oriente, diedesi a pensare, come tutto l'Imperio a lui, & a'figliuoli si rimanesse, imperoche restato vi era Albino; la equalità del quale nõ istimò esser di buon proposito a'suoi fini; massimamẽte, che intese la superbia cagionatagli dal nome di Cesare, e che molto arrogaua a sè stesso, & alcuni de'principali Senatori lo stimolauano di trasferirsi a Roma: perlo che spacciati da Seuero alcuni corrieri ad Albino, sotto pretesto di participargli le cose importanti al comune Imperio, giunti a quello, già insospettito, e posti a'torme nti, fecero palese l'ordine, che teneuano di vcciderlo. Cessarono perciò le dimostrationi; & apparecchiati amendue a manifesta guerra, condottosi Albino in Lione di Francia con esercito, iui dopo lunga contesa, restò morto fra la moltitudine; & hauuta Seuero la sua testa, la fece affiggere in publico: e tal fine hebbe la vita, e'l breue nome, che d'Imperadore portò Decimo Clodio Albino.