Recedere
est verbum
Bonon. quod
significat in
sententiam
alicui ire.
Malp.nel R.
di Sat. c. 8.
& 22.
Tomase Ca¬
stellani nel.
le rime St.
M. Guidotte
Bol. nella
Retorica sor.
del 1250.
Papazz.
ampl. della
V.L.
Rimar. ant.
Bol.
Poggio Bol.
dell An-rag
Al Cartani
Bol. in vna
cant.
Cau. Casio
Bol. Son. 55.
105. 115.
128. 138.
Paris Mon
tecalui Bol.
ne' Sonn.
Vartema
Bol. nell'iti
ner. St.
Diom. Gui¬
dalotti Bol.
nelle Rime.
Chegno est
verbu Bono¬
niense vulg
Achill. nel l.
dell annot.
della V. L.
e nel Fed. c.
4. & 9.
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che vniuersalmente è tenuto per mancheuole, perche io deuo
accedere al genio , al debito , ed all'honore , da i quali sono sti-
molato , e comandato a far l'Auuocato di questa causa , ancor-
che paia deserta, si che m'ingegnerò di patrocinarla,con appor-
tar varie allegationi di voci alla Bolognese, spiegate,e specola-
te ne i più alti , e rimoti principij loro , per mostrare l'inganno
commune hauer hauuto origine dal non essere mai state quelle
scolasticamente rappresentate da veruno de' nostri , i quali os-
sequiando troppo le altrui locutioni, hanno trasandato le no¬
ſtre, e poste in non cale. Non sà star lontana dalle delicatezze
in somma la nostra lingua; quante volte il G, ed il T toscano
tramuta in vn I, od in vn S dolcissimo, ouero in vn D, dieendo
iusto per giusto, asio per agio, casone per cagione, rasone per ragio
ne presone per prigione, dal verbo prendere , e preso, apparifione
per apparitione, parola vſatá anche da Dante nel terzo del Pur-
gatorio, dedo per deto, fadiga per fatica. Il doppio GG, ed an¬
che il semplice volge in vn Z, e tal volta in vn I, & in S, come
razo per raggio, inzegno per ingegno, allozare per alloggiare, aia
zare per agghia (zare, brusare per bruggiare. Il C commune¬
mente fà diuenire vn G. od vn S, dicendo busa per buca, cigala
per cicala, amigo per amico, camisa per camiscia Et il CC dop¬
pio vn S, come baso per baccio, &c. La parola latina Canabis,
trapportata nel volgare Toscano dice Canape, ma in Bologne-
se Caneua perche si hà riguardo non solo al B greco, che suona
V, mà al fignificato della cosa, esprimendo in vn'istesso tempo
la più euidente qualità , e conditione della medema , che è l'es-
sere eandido, come la neue . Chegno, cioè conuiemmi dire, alla
Bologneſe, che meglio sia dire cognosco, e cognoscente, che cono¬
sco, e conoscente, perche questo verbo non stà bene anomalo,
stante che in buon linguaggio si dice cognitione, e non conitione,
cosi hanno ſcritto i noſtri Bolognesi antichi tutti eolla scorta
del Boccacio, cioè cognosco , e non conosco. Non basta al Bolo¬
gnese l'addolcir le consonanti, liquidando le mute lettere , che
le lascia anche affatto, quando gli viene in acconcio, dicendo
coa per eoda, comincionoper cominciorno, diriè per direbbe, di
ciè per diceuo. Il Malp.
Diciè frà me, perche tanto dimori?
for per fuori. Peregr. Zambeccari Gentil. e Poeta Bolognese.
Se io credeffe per diventar cieco
Spinger amor di fer della mia mente, &c.
propiamente per propriamente da propius latino; siando per essen
do,