Full text: Sogliano, Antonio: Guida di Pompei

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(ostiarius) della casa (fig. 5, F), col cui atrio questa bottega è in 
comunicazione. Sopra una parete della bottega stessa Marco Nonio 
Campano, soldato dell’ ottava coorte pretoriana, scrisse il proprio nome, 
facendoci anche sapere che egli serviva nella centuria di M. Cesio Blando, 
il cui nome ricorre due volte sulle colonne del peristilio della casa. 
Si è supposto che l’ uno e l’altro, trovandosi al seguito di qualche im- 
peratore in Pompei, finirono per stabilirsi in questa città. 
Riuscendo di nuovo sulla via Stabiana e volgendo a sinistra verso 
settentrione, incontriamo a dritta un molino col forno (pistrinum, 
fig. 6, A). Le mole erano costituite da due pietre di lava, l’ una in forma 
conica (meta) e l’altra in forma di un doppio cono vuoto, cioè due coni 
opposti al vertice (catillus) capaci di adattarsi sulla meta. In cima 
a questa era infissa un’ asta di legno, che terminava in una punta di 
ferro, intorno alla quale avveniva la rotazione del catillus nel modo 
seguente: una spranga di ferro forata in corrispondenza della punta 
anzidetta, su cui veniva adattata, era ripiegata sulla bocca del ca¬ 
tillus (come si rileva dagl’incastri nell’orlo) e scendeva su i fianchi 
di esso attraversando i timoni che erano infissi nella parte più stretta 
del catillus medesimo, e finalmente si fermava sull’orlo inferiore di 
esso, rendendolo in tal modo sospeso. A far girare la mola erano adibiti 
gli asini, e a tale uopo si soleva lastricare il suolo in giro alla mola. 
Ma non sempre eran gli asini, che giravano la mola; talora anche gli 
schiavi venivano addetti a questa fatica, e innanzi alle mole pompeiane 
si affaccia spontaneo alla mente il ricordo di Plauto, che nella sua 
fortunosa giovinezza fu costretto, per campare la vita, a girare la mola 
di un pistrino. Il grano si versava nel cono vuoto superiore del ca- 
tillus, e ridotto in farina cadeva fuori del cono vuoto inferiore sopra 
una lamina di piombo che rivestiva la faccia superiore del sodo di 
fabbrica, su cui poggiava la meta. 
Molini in gran numero noi incontriamo in Pompei; il che si spiega 
da un lato con la meschinità dell’apparecchio, inadeguato al bisogno 
della popolazione, e dall’altro col carattere eminentemente commerciale 
della nostra piccola città. L’industria del panettiere (pistor) doveva 
esser lucrosa in Pompei, e infatto noi sappiamo di un panettiere, Paquio
	        
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