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Ove da questi sistemi essenzialmente dilungasi è nel modo d’or¬
nare, il quale appalesa un carattere strano e fantastico, perchè
tutto riboccante di mostri, di chimere, di ghirigori, di animali
intrecciati fra loro, e componenti un insieme che, pur ricordando
l’ordinanza corintia, non si raccosta quasi per nulla alle due archi¬
tetture accennate testè.
Numerosissime furono le opinioni degli eruditi intorno al nome
ed al tempo da assegnarsi a questa maniera. Il D’ Agincourt cre¬
dendola venuta nel sesto secolo coi Longobardi, stimò allora solo
avesse principio, e la chiamò longobarda; senza badare che i bar¬
bari qui calati con Alboino non potevano aver arte nessuna, e tulte
doveano apprenderle dai vinti italiani. Coloro che reputarono Bi¬
sanzio come la depositaria di tutto lo scarso sapere del medio evo.
nominarono bisantina questa arte, tuttochè a Bisanzio essa non mo¬
strasse lo accennato carattere. Altri, non ponendo mente alla storia.
la quale ricorda solo dopo il mille una solida civillà in Norman¬
dia, chiamò questa architettura normanna, forse perchè mostrossi
in quella regione assai più fiorente che altrove. Altri con arbi¬
trarie denominazioni che spesso non concordavano, nè colle epo¬
che, nè coi luoghi in cui nacque, la dissero, e gotica anteriore, e
anglo sassone ed anglo normanna, ed arabo. greca, e romano-bisantina, e
neo-greco, e linalmente romanza, nomi tutti che valgono a manife¬
stare quanta oscurità regni sull’origine vera di quest’arte *. Chi
1 E già da un pezzo che gli eruditi e gli architetti rifiutano a diritto il nome di gotica
a quella architettura lanciata ed aerea che tiene a primaria base la linea ascendentale, ar¬
chitettura, che, come dimostrerò nell’altro capitolo, deve ragionevolmente essere chiamata araba.
Ma non mi pare si debba negar codesto appellativo ad un’arte che, nata probabilmente nella
Spagna coi Visigoti.-intorno al sesto secolo, penetrò e si difsuse in Francia dappoi. Le
prove di ciò ce le porgono i cronisti più antichi dell’ una e dell’ altra regione, i quali ci par¬
lano di magnisiche chiese erette in quel torno da artisti di gotica stirpe. Il primo a farmi
avvertito di questo vero fu quell’alta ed erudita mente di Carlo Troja, il valentissimo sto¬
rico che diè all' Italia si preziose pagine intorno al suo medio evo. Stimerei frodare il let¬
torę di quanto può esservi di più importante in questo capitolo se non gli esponessi qui gli
argomenti coi quali l’ illustre amico mio si fe’ a provare l’esistenza di quest’arte presso i Vi¬
sigoti. Un anonimo vissuto prima dell'881, e che avendo steso in prosa una vita di 8. Ovano
arcivescovo di Roano, fu confuso da alcuni eruditi con un Fridegode inglese che nel 956 dettò
in versi una vita di S. Owen monaco, lasciò scritto che la chiesa di S. Ovano a Roanoz. era
miri operis, quadris lapidibus, manu gothica, olim constructa. Quell'olim non può riferirsi che
a costruzione molto lontana dai tempi dello scrittore, quindi alla primitiva di quel tempio che
sappiamo incominciato, come narra lo stesso anonimo, da Clotilde moglie di Clodoveo, vale a dire
prima del 533, e continuata dal figlio di lei Clotario. Ecco dunque in epoche remote presen¬
tarsi a.noi i Goti, antichi abitatori della Neustria come abili costruttori di chiese. « Gli Ostro¬
goti (trascrivo letteralmente parte di dottissima lettera scrittami dal Troja) tribù meno colia
delle tribù visigotiche, servi agli Unni e forse perdè la memoria della architettura di Sarmi¬
zagetusa e di Decebalo. Teodorico inoltre si invogliò della architeltura romana sebben tralignata