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quale, figlia essendo del sentimento, per questo appunto si ribella
alla regola, e si fa ritrosa ad ogni pedanteria del precetto?
Questo tempio dello Scalfurotto, che senza dubbio è da tenersi
come una delle migliori fabbriche del secolo decimottavo, presenta
però qualche difettuccio di rilevanza ; oltre quello notato della
cupola. Fa per esempio un brutto vedere allo esterno l’attico
alto di troppo in confronto della loggia. La loggia stessa, tutto-
chè elegante, sarebbe senza dubbio più lodevole, se uguali fossero
gli intercolonnii suoi, se si avesse ommesso quel confuso binato
agli angoli cui aggiungono sgarbatezza quegli inutili quarti di pi¬
lastro intrusi per forza fra le due pilastrate quadre, e finalmente
se fosse con modanature meno disaggradevoli profilata la porta.
Anche nello interno v’ ha qualche peccatuccio; ma per me il più
rimarchevole mi pare lo aver tenuti tanto meschini i pilastri del
tamburo della cupola in confronto dell’ ordine sottoposto, e la so¬
verchia ampiezza delle finestre disposte nel tamburo stesso, quando
si raffrontino ai pilastri che le fiancheggiano.
INTERNO DELLA CHIIESA DI S. ROCCO. L’ altra opera del
nostro Scalfurotto, che di certo non lo onora meno della descritta
è tutto quello che da fondamenti murò nello interno della chiesa di
S. Rocco. La cappella maggiore e le due laterali che sono di ma¬
stro Buono, come già vedemmo (pag. 171) si vollero lasciate in piedi
quando trattossi di ricostruire la chiesa. Allorchè dunque lo Scal¬
furotto fu incaricato di condurla a termine, da quell’ uomo giudi¬
zioso ch’ egli era, non volle allontanarsi dallo stile dell’ insigne quat-
trocentista, e quindi fè ricorrere le stesse cornici e lo stesso anda¬
mento di pilastri delle accennate tre cappelle, di modo che tutta la
costruzione paresse di un solo tempo e di un solo architetto. La
medesima avvertenza, egli ebbe anche pei quattro altari laterali.
Tanto buon senso in quell’epoca era una vera anomalia, e si me-
rita quindi grandissima lode.
f
Questo ingegnoso artefice mori vecchio in Venezia nel 10 ottobre
del 1764. 1l Temanza ci ricorda come scultore un Bartolommeo Scal-
furotto che nel 1731 surrogava un de’ capitelli del Palazzo Ducale
consunto dal tempo con altro nuovo 1: ma potrebbe darsi avesse
errato nel nome di battesimo, e quindi si trattasse anche qui del
Giovanni su cui parlai.
1 Temanza. Vile ecc. pag. 509.