Full text: Selvatico, Pietro: Sulla architettura e sulla scultura in Venezia dal Medio Evo sino ai nostri giorni

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ossesso che si sbracci per lanciar colpi disperati. A fine di dar moto 
a quel convulso atteggiamento, lo scultore sconvolse le ossa, i mu¬ 
scoli, e sino i capelli. Nè migliore è il S. Francesco d’Assisi, che 
fa colla testa una smorfia cosi sgarbata da non portare di certo il 
pensiero al Serafico che tutta la pia anima rivolgeva composta¬ 
mente a Dio. Per contrario è una assai buona statua il S. Antonio 
collocato sull’ altare della seconda cappella a sinistra: l’azione n’è 
sobria, grave il carattere della testa, ben disposte le drapperie. Ma 
pentito quasi di questa saviezza il Vittoria, tornò ai consueti de¬ 
lirii nel S. Rocco e nel S. Sebastiano, che stanno ai lati dell’accen- 
nato santo. In que’ due martiri riboccano le sregolatezze cosi nella 
forma che nel concetto: pajono veramente presi da convulsioni, 
tanto si contorcono con ogni membro del corpo. Si vede chiaro che 
l’artista, educato ad una falsa scuola naturalistica, stimava non poter 
esprimere il martire se non coi segni del dolore fisico. 
Ma assai più corretta di queste, anzi tale, da tenersi come il suo 
capo d’opera, è la figura di S. Zaccaria profeta posta sulla porta 
esteriore della chiesa di questo nome. Nobile è l’aria della testa, 
sobriamente gettato il panneggiamento, composta la movenza. Qui 
non contorsioni, non forzati contrasti di linee; tutto spira severa 
saviezza, ad eccezione delle braccia e delle mani un pocolino affet- 
tate. E facile accorgersi come l’artista studiossi di non dissuonare 
dallo stile castigatissimo della porta e di tutta la facciata; merito 
raro in uno scultore, che già avea nelle vene il manierismo domi¬ 
natore dell’ età.Per me non temo d’affermare esser questa una delle 
più belle statue del secolo decimosesto che Venezia possegga. 
Nella cappella Grimani a S. Sebastiano fece pure due lodevoli sta¬ 
tuine figuranti S. Antonio abate e S. Marco. In particolare il primo 
ha testa espressiva, e giustissima quanto spontanea la movenza. 
Anche in cima ai due gran finestroni che fregiano le due facciate 
del Palazzo Ducale, pose due grandi statue in surrogazione delle 
più antiche cadute per l’incendio del 1577. Quella sul pinacolo che 
guarda la laguna rappresenta Venezia, l’ altra la Giustizia: e sono 
entrambe pregevoli per un sapiente sprezzo di scalpello; conve- 
niente ad opere molto lontane dall’ occhio, e che se fossero state 
condotte finitamente, sarebbero comparse trite e meschine. Pochi- 
conosceano lo effetto delle distanze come il Vittoria, e quindi po¬ 
chi poteano superarlo in cosi fatte opere destinate a decorare gran- 
diosi monumenti. 
Quattro statue di solidissimo stucco modellò pure per la chiesa 
di S. Giorgio maggiore, e son quelle poste nelle nicchie vicino alla
	        
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