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come questo vasto tempio, il quale nell’ interno è tenuto opera del
Grapiglia, nello esterno dello Smeraldi, tutti due seguaci delle pal¬
ladiane norme, fu primitivamente, almeno nel prospetto, ideato dal
Palladio nel 1558. Serbasi ancora il contratto fra il patriarca di Ve¬
nezia Vincenzo Diedo ed alcuni tagliapietra per l’erezione di quella
facciata sul disegno di Andrea per la somma di ducati 1910 1. Morto
però il patriarca nel 1559, l’ opera non potè neppure incominciarsi,
e solo vi si diè mano nel 94; ma non però sulle forme dal disegno
prescritte. Infatti il disegno parla di sei colonne, e adesso non se ne
vedono che quattro; il disegno prescrive l’ordine corintio, e attual-
mente è composito, sissa di porre tre pilastri per parte, e adesso
son due soli nelle due ali minori. Tante differenze fanno a ragione
supporre che l’architetto chiamato à condurre l’opera avvisasse so-
stituire un suo prospetto a quello del Palladio. Si vede per altrò
chiaro che egli ebbe intenzione d’attenersi, e scrupolosamente, al
palladiano stile, perchè la facciata di S. Pietro di Castello è quasi
una ripetizione di quel concetto che il Palladio tanto prediligeva
nelle chiese, ed a cui sagrificava ogni volo della fantasia.
Il signor professore Ermolao Paoletti nell’erudito ed ingegnoso suo
libro che intitolò Fiore di Venezia, e che è senza dubbio la miglior
Guida della città che fin ora sia uscita; dice che tanto il Grapiglia
quanto lo Smeraldi seguitano le tracce di uno degli otto modelli già
stati esibiti a tale oggetto da Palladio 2. Ignoro da dove egli traesse co¬
desta notizia; probabilmente da buona fonte, perchè egli si mostra
sempre scrittore di coscienza. Dato dunque che ciò fosse vero ne
risulterebbe che la facciata attuale, quantunque diversa da quella
indicata nel contratto 1558, pure venisse anch’essa immaginata dal
troppo lodato vicentino, e che lo Smeraldi non fosse che un sem¬
plice esecutore. Per tal ragione mi credo quindi in diritto di par¬
larne qui come di un concetto palladiano.
Il corpo centrale è formato da quattro colonne composite, posate
su altissimi piedistalli, e reggenti un sopraornato ed un frontespizio.
La porta si schiude nello intercolonnio di centro, e la trabeazione
sua serve pure di cornicione alle navi minori decorate da un or-
dine corintio, anch’esso condannato a sostenere da una parte e
dall’altra un mezzo frontespizio che va a morire sotto il capitello
della maggior colonna. Quanta povertà di invenzione, quando pa¬
ragoniamo questa facciata a quelle gentilmente ricche ch’erano
apposte alle cattedrali archi-acute, od alle leggiadrissime di stile
1 Magrini op. cit. pag. 56 e seg.
2 Tom. II. pag. 186.