Full text: Selvatico, Pietro: Sulla architettura e sulla scultura in Venezia dal Medio Evo sino ai nostri giorni

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nei lor campi due sfarzose finestre, a cui il Diedo 1 ebbe ragione 
di rimproverare la troppa esilità dei pilastrini ed il rigoglio del 
soverchiamente acuminato frontespizio. Ma senza censura alcuna. 
parmi meriti di rimanere l’arco sovrapposto allo interpilastro cen¬ 
trale, perchè piramidando la massa, gli accresce leggerezza e grazia. 
E quanto gentili non compariscono le sagome del suo archivolto, 
e come vi spicca maestosa l’aquila dello Evangelista scolpita nel 
timpano? Ma più che le parole mie potrà dire il pulito disegnino 
del Pividor, ch’io posi nella pagina precedente, a fine di far meglio 
conoscere questo raro giojello del secolo decimoquinto. 
Nè solo nell’ esterno si mostra qui sommo l’artista, ma ben an¬ 
che nell’albergo interiore destinato un tempo alla celebre confra¬ 
ternita cui erano ascritti principi e re. La scala a doppia branca 
cavata in sito ristrettissimo, è un capo-lavoro d’industria e di no¬ 
biltà. La sala ed i luoghi adiacenti spirano da ogni muro eleganze 
festose. Insigne è il pavimento di marmo pegli ingegnosi comparti¬ 
menti, ricco ed agile l’altare; in fine ogni cosa anche più minuta 
manifesta quella squisitezza di sentimento artistico, che mi pare 
distintivo carattere delle due epoche in cui l’arte italiana sali a 
maggiore grandezza, quella cioè di Roma sino al terzo secolo, l’al¬ 
tra dei tempi moderni dalla metà del quattrocento fino al cinque¬ 
centotrenta. 
CHIIESA DI S. GIOBBE. Non è di certo meno ammirabile della 
ora ricordata opera, la magnifica cappella maggiore della chiesa di 
S. Giobbe alzata dal doge Cristoforo Moro, per certo prima del 1471, 
giacchè in quest’epoca mori, nè sicuramente prima del 1462, per¬ 
chè negli stemmi quivi scolpiti, v’ è sull’ arma del Moro il corno 
ducale, che non poteva starvi prima di questo ultimo anno, cioè 
dell’epoca in cui Cristoforo sali al principato. E impossibile poter 
dire colla parola la bellezza degli encarpii, dei fregi, delle cornici 
dell’arcone che dà ingresso a quell’armonica cappella; impossibile 
far intendere a chi non le abbia vedute quanto sieno gentili, affet¬ 
tuose, semplici le statuine della Madonna Annunziata e dell’ An¬ 
gelo che stanno su due rosoni fiancheggianti il peduccio dell’ arco. 
Sommamente ricchi appariscono poi i riquadri de’ pilastri tutti riem¬ 
piti dei più begli ornati, e foglie che sia dato vedere. Chi fa più 
cosi adesso? Lo interno di questa cappella è un quadrato, le cui facce 
portano quattro arconi su cui si involta una cupola. Un cornicione 
ricorrente con quello che serve d’imposta all’arco gira pei quattro 
Fabbriche di Venezia, tom. II, pag. 73.
	        
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