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fa più lodevole la verità e l'espressione che appare dai volti e dalle
movenze. Forse è di questo Dentone anche la decorazione della
porta stessa, semplice ma pure elegante, che ora con lodevole con-
siglio fu aggiunta, quasi pronao, alla riaperta chiesa di S. Apollinare.
e che aspetta nel suo frontone le due figure testè accennate. Due
colonne composite rizzantisi sopra troppo elevati piedistalli, sosten¬
tano una semplice cornicetta, la quale se avesse minori ornamenti
nelle modanature, sarebbe un giojello. Con eccellente ripiego tolse
l’artefice l’ apparenza di troppa debolezza che avrebbe offerto questa
cornice in un cosi largo intercolonnio, sottoponendovi due gentili
mensoline che tengono in mezzo il titolo della iscrizione al Cappello.
Il vaso però che sovrasta al frontespizio circolare, è tutt’ altro che
di bella forma, almeno se è uguale a quello che fu inciso nelle
Fabbriche venete, alla tav. 243 del vol. II.
E chi sa quante opere vi saranno ancora in Venezia di questo
Dentone, ma perchè ne tace la storia o perchè non furono baste-
volmente ricerchi gli archivii delle chiese e del pubblico; non ci è
permesso congetturare quali sieno 1. Mostriamoci dunque ricono¬
scenti al Moschini, il quale colla paziente sua diligenza trasse dalla
polvere di vecchie carte i nomi di coloro che nel secolo decimo¬
quinto lavorarono nella chiesa di S. Michele di Murano. Egli li trovò
negli scritti autograsi di Paolo Donà, abate di S. Michele dal 1466
al 1478, scritti che conservavansi in quell’illustre cenobio 2. Da quei
preziosi documenti risulta dunque che un Moreto di Lorenzo da Ve¬
nezia, che di certo non è il Moro Lombardo 3, perchè quello era figlio
di Pietro, lavorava nel 1470 le porte e le finestre della bella fac-
ciata, e mostravasi squadratore di esatta castigatezza. Un Lorenzo
del Vescovo da Rovigno con Antonio, suo figlio, ed un Corradino, forse
anch’egli figliuolo di lui, conduceyano nel 1473 due cornici e gli
archi interni della chiesa: Giovanni da Bergamo, Giacomino, Dome¬
nico di Donato da Parenzo, Simeone, Cristoforo, Giorgio, Ambrogio,
i fratelli Gasparo e Bartolommeo, tutti adoperarono lo scalpello per
quella chiesa, e più ve lo adoperò un Taddeo, chiamato da Pietro
Delfino, sommo in quest’ arte, il quale lavorò in S. Michele per otto
anni dal 1474 al 1482, c condusse le sei colonne delle interne navi.
1 Gli viene attribuito dalle Guide il monumento di Melchiorre Trevisan, nella Chiesa dei
Frari: ma non v’ě in esso nessuna analogia colle statue ch’ erano a S. Elena.
2 Moschini. Guida di Venezia, tom. II. pag. 394.
3 Se questo Moretto di Lorenzo è anche l’architetto della chieso, conviene toglierne al Moro
Lombardo la gloria di averla immaginata: ma mancandoci i documenti, è forza piegarel al
detto degli scrittori.