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che abbiam sott’ occhio, trascriviamo le linee seguenti : Perpetuus lauda¬
bilisque mos semper fuit parochialis hujus et Collegiatae Ecclesiae Divi
Jeremiae Profetae in obsegium ac obedientiam legum synodalium nonnul-
los sibi praeponere Viros pietate ac religione conspicuos in defensores ac
procuratores ad hoc ut nedum majori ipsiusmet Ecclesiae utilitati consu¬
lant, et clericis singulari praesidio praesto sint, verum etiam bona et jura
tam Ecclesiae quam Capituli totis viribus reparent, conservent et defen¬
dant sive judicialiter sive extraiudicialiter suffragando et favendo. — Il
documento prosegue narrando come, convocato e congregato solenne-
mente il venerando capitolo della Chiesa per ordine del Piovano, questi
vernaculo sermone palam exposuit virtutes, qualitatesque commendabiles
quibus mirabiliter exornari videtur animus clarissimi Domini Joannis Petri
Spreafigi quomdam Petri in hac paroecia degentis, proindeque eas utilita¬
tes ac bona cuncta, quae per eiusdem emeritissimi Viri protectionem et
favorem Ecclesiae huic maxime provenirent si inter coeteros defensores ac
procuratores, quorum auxilio potitur ecclesia, ipse etiam enumerandus
foret. La proposta fu ben accolta, e ad unanimità di suffragi confermata
la elezione.
Nell' Elenco dei Guardiani Grandi dell' Arciconfraternita di San Rocco
pubblicato dal Soràvia (La Chiesa e la Scuola Grande di San Rocco ecc.
Venezia, Andreola 1824) trovasi indicato agli anni 1762 e 1774 un Dom.
Pietro Sperafighi, il quale è probabilmente quel desso che è mentovato
nella presente iscrizione.
La famiglia Spreafigi, o, come piacque ad alcuni di scrivere, Spera¬
fighi, o Sperafico, non comparisce nell’ albo delle originarie venete. Essa
avea in Cannareggio un opificio di panni di seta ed oro, e continuò sino
agli ultimi tempi della repubblica ad esercitare questo nobil genere di
mercatura. L’insegna della fabbrica, forse desunta dall’ arme di famiglia.
è un albero (probabilmente una quercia) al di sopra del quale spiegano il
volo due uccelli, che pajono allodole. Abbiamo dalle cronache venete che
moltissime famiglie abbandonarono la patria loro e qui si condussero
dedicandosi segnatamente alle arti della lana e della seta. Per tacere degli
stranieri, ricorderemo i Bergamaschi, non pochi de’quali in gran numero
qui trasferitisi, eransi dati all’arte della lana, e stanziavano a San Simeon
Piccolo nella calle che serba tutt’ ora il nome dei Bergamaschi ; ed i Luc-
chesi i quali, nel secolo XIV a più riprese emigrati dalla lor patria, se
non portarono, perfezionarono al certo in Venezia l’arte della seta, e
presero stanza ed aprirono le loro botteghe nella Calle della Bissa, che
perciò fu detta eziandio Calle dei Toscani. I tessuti da loro fabbricati in