Full text: Volume (4)

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degli archi ed il rimanente è ad uso di mezzanini. I portici di 
prospetto alla chiesa di s. Jacopo, dove sotto la Repubblica 
stava il Banco-Giro e dove era il centro della borsa, sono dop¬ 
pii. Si crede che, costretto lo Scarpagnino a valersi di parec¬ 
chie muraglie rimaste in piedi dopo l’incendio accennato, al¬ 
terasse, come si vede in alcuni, la uniformità nelle larghezze 
degli archi stessi. Quale poi fosse il progetto dato dal celebre 
fra Giocondo nella stessa occasione non lo sappiamo che per 
la descrizione offertaci dal Vasari nella vita di lui. 
Chi s’interni nelle dette fabbriche, alla destra gli sarà dato di 
vedere la parte posteriore delle fabbriche medesime formante 
il campo della bella Vienna insieme alla posterior parte delle 
fabbriche nuove, il prospetto delle quali è lungo il Canal gran¬ 
de. Sono quelle nuove fabbriche uno dei più miseri edifici del 
Sansovino. Principiate nel 552, e compiute in tre anni a co¬ 
modo del commercio ed a spese del pubblico tesoro, la loro 
larghezza, di circa 250 piedi, è distribuita nel pianterreno in 
25 archi costituenti un portico il quale, come le dette fabbri¬ 
che dello Scarpagino, è ordinato ad uso di botteghe. Sono so¬ 
vrapposti a questi archi due ordini di pilastri nani e scon¬ 
ciati; dorici i primi; ionici i secondi. Tutta la fabbrica si alza 
dal suolo piedi 45 circa e contiene (nella larghezza dei piani 
superiori) due file di stanze divise da un corridoio. 
Volendo il Sansovino serbare nell’ esterna distribuzione di 
queste fabbriche un’analogia con quelle dello Scarpagnino mi¬ 
rò ad adornarle maggiormente impiegandovi gli ordini; ma le 
rese invece più goffe, senza dire dei muri che posano tutti in 
falso, spiombano e crepitano da ogni banda per la negligen¬ 
za usata nei fondamenti. Che se tolte verranno alla rovina che 
minacciano e rivolte saranno a qualche pubblico uso, come 
si fece di quelle dello Scarpagnino, potranno riuscire a nuovo 
decoro della città. 
Ora sotto i portici di queste fabbriche rimane uno degli an¬ 
tichi instituti di Venezia, che piantato nel 1277 mercato di 
Rialto si chiama, o più comunemente erbaria. Quando a sera 
avanzata diminuiscono gli strepiti e si ritirano le posticce bot¬ 
teghe dei commestibili, dalle isole e dai margini delle lagune 
giungono continuamente a queste rive barche che scaricano 
ogni maniera di erbaggi, di frutta e di fiori. Tutto, lungo la 
notte, è distribuito con un ordine e con un silenzio affatto op¬ 
posto allo estremo fracasso del giorno; cosicchè al di nuovo di¬ 
rebbesi che quasi tanti oggetti fossero quivi come usciti per 
incanto. Nè appena albeggia che un cupo ronzio, il quale in 
brev’ora giunge al consueto frastuono, torna a dare a tutto Rial¬ 
to il proprio carattere. Oltre chi è guidato dal bisogno e dal¬
	        
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