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far dono a Basilio di Macedonia, imperatore di Costantinopoli,
di dodici grandi campane , le quali vennero collocate in una
nuova chiesa da lui eretta. Appresero pure i nostri dai Greci
l’arte di fare gli organi, mercè le cure di certo Gregorio vini¬
ziano tonsurato, che prima la conobbe in quelle contrade, ma
ritornato che fu egli patria esercitolla cosi eccellentemente da
vincere i propri maestri, e da ottenere per essa i favori di Bal¬
dricco duca del Friuli, e da essere fermato ai servigi dell’im¬
peratore Lodovico, dal quale fu largito cziandio di ricca badia
in Francia.
Dai Greci impararono per avventura i Veneziani anche le
varie manifatture in oro ed in argento, alla perfezione delle
quali antichissimamente veggiavano tre nobili col titolo di giu¬
dici; ma al lavoro del ferro si diedero ancora con grande
studio sin in sulle prime , e collo scorrere degli anni miglio¬
rando sempre più quell’arte, impresero a fare smercio, nei pae¬
si maomettani specialmente, di armi per loro lavorate.
La orificeria che sino dai secoli IX e X era con buona fama
dai Veneziani esercitata, nel XII secolo si fece cosi imponente,
che, oltre al soddisfare i bisogni dello stato adoperata veniva del
continuo dagli stranieri. E l’arte vetraria eziandio, dopo la ca¬
duta dell’impero orientale, divenne quasi esclusiva dei Vene-
ziani; onde ci è noto che prima del secolo XIII erano le for¬
naci sparse per Venezia in numero quasi incredibile. Ma co¬
m’ esse recavano gravi incomodi e divenivano facile occasione
d’incendii, cosi nel 1291 furono concentrate nell’ isola di Mu¬
rano.
L’arte vetraria aveva per arti sorelle le lenti e gli specchi,
e questi ultimi riuscirono appo i Veneti di tal perfezione che
le estere nazioni crędettero meglio dimettere gli specchi me¬
tallici per sostituire que’di cristallo, quantunque dovessero ri¬
volgersi a noi pegli acquisti. Altra guisa di vetrario lavoro era¬
no le conterie e le margherite, che anco ai tempi nostri si
continuano a lavorare tanto in Murano che in Venezia. Sono
esse perle traforate, di svariate grandezze e bellamente scre-
ziate. Invenzione affatto veneziana è il modo di lavorarle, e
mentre sussisteva la repubblica se ne faceva un traffico gran¬
dissimo nell’oriente, per cúi sappiamo che Vasco di Gama tro¬
volle diffuse in Calicut in vece di moneta, e Macartney, di¬
ce che alla età sua i mandarini chinesi e tartari le usavano per
bottoni, e per segni di distinzione.
Primi furono i Veneziani ad avere laboratorii inoltre di al¬
lume di rocca, di borace, di cinabro, di biacca, di lacche, di sa¬
poni e di colori di ogni specie; e primi furono, e maestri diven¬