rio XVI fregiato degli onori di Protonotario Apostolico e
di prelato -domestico. A lui questa chiesa e l’annesso pio luo¬
go devono il risorgimento dallo squallore in cui erano caduti,
tanto per la ingiuria dei secoli, quanto per la trascuratezza de¬
gli amministratori e per le vicende luttuose, che seguirono la
caduta del Veneto Governo.
Questo ch. prelato con que’ soli mezzi, che gli procacciano
i suoi talenti animati da un cuore nato fatto alle sagre impre¬
se (del che ne fa testimonianza il tempio de’ ss. Apostoli ri¬
tornato ad armonica splendidezza negli anni in che vi sosten¬
ne il carico di Fabbriciere), pieno di un infaticabile zelo per
la casa del Signore che non sa sgomentarsi nè ai proprii sagri¬
fizii, nè alla moltiplicità degli ostacoli, giunse a poter ridurre
questa chiesa e le sue adiacenze al lodevole stato che sfoggiano
igiorno, e che a parte a parte ci facciam gloria di conside¬
rare, non senza ferma fiducia, che, ove la veneta liberalità
assecondi i voti di lui, riuscirà la chiesa abaziale il non in¬
fimo dei sagri nostri edifizii e meritevole diverrà dell’ ammi¬
razione dei nazionali e dei forastieri.
La rustica antica facciata di questo tempio fu nel 1650 co¬
perta con marmo d’Istria sul disegno di Glemente Moli, del
quale sono pure le due statue, eccedenti il naturale, ed espri¬
menti la Costanza e la Misericordia ai lati della porta, e la
statua di N. D. nell’alto, non che quelle dei due angioli ac¬
canto alla lapide che occulta le ceneri di Gaspare Moro, in¬
signe filososo morto nel 1671, il busto del quale in bianco mar¬
mo vi sta sovrapposto.
Ma quando nel 6 luglio del 1828 assunse il prelodato
M.r Pianton l’abazial infula dalle mani dell’E.mo Veneto Pa¬
triarca Jacopo Monico, era sfornita la porta della chiesa non so¬
lo d’atrio e di bossola, ma d’ogni interno ornamento. La cap¬
pella a destra, cui metteva una sproporzionata grand’arcata
di cotto, era presso a ruinare, e guasti pendevano da una delle
pareti i due dipinti del Bonifacio: il Battista e s. Matteo Evan¬
gelista. Redipinta e malconcia mostravasi pure dal logoro al¬
tare la s. Cristina con i ss. Pietro e Paolo, opera un di pre¬
giata di Domenico Mazza. Dal piccolo altare di pietra istriana,
che sta dopo l’accennata cappella, pendeva una tavola rappre¬
sentante N. D. ed il Bambino, lavoro non pregevole sulla greca
maniera, mentre il maggior altare nel coro, cui non metteva
verun gradino sovra il piano della chiesa, era separato soltanto
da quattro panche, e consisteva in una piccola semplice mensa
isolata di marmo bianco intarsiato di rosso , con di contro sulla
maestra muraglia un basso rilievo in pietra d’Istria che senza