Full text: Volume (2)

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mę che di fatto conservava il titolo di monastero di Brondolo qua¬ 
le testimonio della celebrità sua antica; avea soltanto un cappellano, 
e solo si solennizzavano le due feste di s. Michele e di s. Gerolamo. 
In seguito anche l’ ospizio fu distrutto; i fondi del monastero furono 
acquistati della famiglia Luccherini di- Chioggia coll’ obbligo di man¬ 
tenere la chiesa (an. 1656) e sulla chiesa medesima , poscia rovinata, 
oggimai tu non vedi che una cappella a far fede di antiche memorie, 
a rammentare dei giorni che gli scritti non varranno mai a dipinge¬ 
re esattamente. 
Da questo punto. fino a Sottomarina gran tumuli o collinette, detti 
Albajoni o motte di Fetonte, vedi circondare tuttà la spiaggia fino a 
Sottomarina. I.rabidi venti, come negli arenosi deserti del Sahara, di 
Senaar e dell’ Arabia facendo punto d’appoggio o di un sasso o di 
una macchia, accumulano ivi co’ vortici tanta sabbia che ben presto 
diventa collina sciolta facilmente se il cardo selvaggio, la felce, od il 
ginepró non la ricoprono. Sono quelle le dune che cessando passato 
il lido di Brondolo, o per la direzione differente della spiaggia ó per 
altre cagioni, ingombrano poi. gran parte del lido di s.-Nicolò, e ter¬ 
minano alle Vignole. 
Ricordate le sabbie bisogna ora dire del porto di Brondolo che un 
tempo, sebbene fosse secco nel mezzo, era largo quattro miglia, era pro¬ 
fondo e navigabile alle due sponde. Lo difendeva primamente la celé¬ 
bre torre eretta da Teodato IV doge onde assicurare la nazione dalle 
mire cónquistatrici di Astolfo re de’ Longobardi; ma che per essere stata 
rappresentata dall’invidia di Galla sičcome un mezzo di opprimerla più 
presto, venne quindi arrestato e scacciato da un trono, che Galla poi 
seppe usurpare. A quella torre altro forte sostituirono i veneziani nel¬ 
l’ ultima guerra cogli Ottomani (an. 1715 ) un quarto di miglio lon¬ 
tano dal lido ; ma uno più ampio e di qualche considerazione si fece dai 
Francesi nel 1800 , secondo le moderne teorie. 
Per quel porto.uscivano l’Adige, il Tartaro e le fosse Filissine ; ma 
il disordine in cui venne nel secolo XVI fu riparato nel 1597 dai 
padri .dell’ isola di s. Spirito come quelli che godendo le rendi¬ 
te dell’ antico monastero di Brondolo erano pur entrati nei pesi. Ri¬ 
fecero pertanto a proprie spese le palate e gli speroni, ed assunsero 
di mantenerli in ottimo stato. Nondimeno assai minorò di presente. 
Il modo coń che lo chiusero i veneziani allorchè vollero impedire 
ogni uscita ai genovesi fu di mandare a picco due galere cariche di sassi, 
l’ una alla chiesa di s. Biagio e l’altra nel porto. Per isgombrarsi quel 
passaggio ben vennero i nemici con 14 galere ; ma le due guidate da 
Federico Cornaro scontratesi con esse a s. Biagio, per la ristrettezza delle 
acque, bastarono a far che il nemico non cavasse i legni sommersi fin¬ 
che sopravvenuta la squadra di Taddeo Giustiniani e quella di Vittore 
Pisani, obbligarono a ritirarsi i Genovesi, affondarono altri due navigli e 
chiusero meglio il porto con una steccata fatta di antenne e di grosse travi. 
Cosi l’ armata genovese era chiusa per ogni dove; ma la posizione del 
Il Fiore di Venezia Vol. I. 
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