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Dall’altar maggior passando all’ altra parte della chiesa vedesi sopra
la porta dell’andito, che mette nella prima cappella, una epigrafe avan¬
zo di più rilevante sepolero distrutto nella riedificazione della primitiva
chiesa. Posta in memoria di quel Salinguerra Torello, che, mentre aspirava
al dominio di Ferrara, fu tradotto prigioniero a Venezia, essa dice cosi: Se-
pulcrum magnifici Domini Salinguerrae Pini de Ferraria qui obiit
die XXV. julii MCCXLIIII.Ed era già nel 1210, quando il crudele Ezze¬
lino scorrendo furibondo per la Lombardia, e minacciando oppressione
e morte a quante oittà fossero aderenti alla lega del papa e del marche¬
se Azzo d’Este, suoi nemici, che questo Salinguerra, suocero di quèl ti¬
ranno, s’era impadronito di Ferrara. Ben la repubblica vencta çonoscea
quale pericolo stesse da presso al suo commercio ed alle sue industrie
colla vicmanza di si insolito e feroce dominio. Laonde, unite le sue for¬
ze a quelle del papa e del marchese d’Este, corse ad assediare Ferrara.
Lungo fu l’assedio; ma, pei rinforzi condotti dallo stesso doge Jacopo
Tiepolo, cadde quella citta in potere degli alleati, ed il nonagenario suo
nuovo signore Salinguerra, fu tradotto a Venezia, ove ben presto fini il
viver suo.
Letta che si abbia l’ epigrafe poco più rimane ad osservare in questa
seconda parte della chiesa. La madonna esistente nella prima cappella
(opera forse dell’ autore delle statue mentovate ) ; la tavola dell’altare
che sussegue dipinta da Alvise Scaramuccia Perugino, rappresentante
la conversione di s. Paolo, e quella dell’ultimo altare con l’Ascensione del
Signore di Pietro Vecchia, fatta nel 1635, in un al semicircolo sopra
la porta, in cui Girolamo Pellegrini dipinse a fresco Venezia prostrata
dinanzi al vescovo s. Nicolò, non offrono alcuna cosa degna di medita¬
zione. E ciò che non è sommo nelle arti, è poco : la medesima istoria
loro , composta dei gran tentativi al paro che dei gran traviamen¬
ti, non deesi dedurre che dalle opere più segnalate dei capi-scuola. Tut-
te quelle dei pedissequi, prive o di originali bellezze o di originali difet-
ti, si confondono insieme, nè, in tanta molitudine di produzioni, vo¬
gliono al certo venir meditate.
Usciamo adesso dalla chiesa; ma pria di uscire dal forte di s. Ni¬
colò rammentiamo brevemente le memorie che questo forte ridesta.
Entriamo primieramente nel sontuoso monastero che sorge al lato
destro della chiesa; passeggiamo per questi spaziosi corridoi, per quei
nobili e ben architettati cortivi ; contempliamo que’volti arditi e rea¬
li, e raffrontiamo gli usi antichi collo squallore presente. Quale in¬
centivo troverémo mai noi, che, al paro della cristiana Religione
produr sappia opere si belle c si numerose dell’ arte? Qual altro
sentimento più vivo potrà esser , non solo utile al progresso ed al
diuturno esercizio delle arti, quanto a guisa di benefico fiume, espan¬
dersi più equabilmente per tutta la società, alimentarla, soccorrerla.
farla felice? Cosi gli abitatori del litorale avendo del continuo nei
monaci di s. Nicolò aiuti, conforti, medicine, conobbero qual vuoto lor
rimanesse dopo la soppressione del chiostro frequentato. Nè essi sol¬