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verti il luogo in commenda e lo die’a Lodovico Barbo patrizio ve¬
neto che ne divenne il primo priore.
Frattanto due pietosissimi giovani patrizi (Antonio Corraro
Gabriele Condulmiero) divinamente accesi piantarono con altri
seguaci una piccola congregazione in san Nicolò del Lido nel
mentre che per le guerre de Genovesi erà lasciato vuoto da’ mo¬
naci benedettini quel convento. Ma al ritorno de’monaci dovendo
sgomberarlo, l’anzidetto. Lodovico Barbo esibi, e per essi fu accol¬
to, il cohvento di s. Giorgio in Alga. Si caro e spirituale riusciva
il conversare di quegli eletti giovani, che il b. Lorenzo Giustinia¬
ni preso alle dolcezze loro volle quivi dedicarsi al divino servigio,
e poco appresso, colla sanzione di Bonifacio papa IX, instituire una
nuova congregzione di canonici secolari, alla quale Gregorio XII
diede poscia facoltà di vestire l’ abito violaceo. Divenuto anzi il
b. Lorenzo priore della congregazione medesima, in luogo del Barbo
passato a s. Giustina di Padova, seppe dilatarla unendole altri
monasteri, ai quali in progresso altri molti gliene furono aggiunti
eziandio.
Però, come ogni terrena cosa, si r’attiepidi il fervore in quei
religiosi. Il perchè s. Pio V. tentò legarli coi voti da cui prima
erano sciolti; ma fu invano, perocchè cosi allontanaronsi dalle
regole onde furono fondati che Clemente IX stimò di (an. 1668
annullare perpetuamente quella società applicandone i beni sacri e
profani in sussidio dell’aspra guerra di Candia.
Nondimeno, acciocchè il sacro luogo non rovinasse per l’abban¬
dono, lo concesse il senato all' ordine de’minimi di s. Francesco di
Paola per la somma di 15,000 ducati. Ma per la mancanza di
esterni sussidi dovettero pur essi abbandonarlo ben presto, sotten¬
trandovi i religiosi carmelitani della riforma di s. Teresa, detti gli
Scalzi (an. 1690 ), i quali tosto rivolsero l’orrenda deformità, in¬
generata dall’ abbandono, in una modesta ma vaga abitazione reli¬
giosa. Se non che fu forza che ne replicassero le spese a cagione di
un incendio il quale consunse la chiesa e gran parte del monastero
(an. 1716). Anche in quella seconda volta per le cure loro assai
belli si resero gli edifici, sebbene nel 1806 abbiano dovuto lasciarli
onde concentrarsi nel convento degli Scalzi di Venezia.
La chiesa, che cadente per vetustà riattossi ed ampliossi tra il
1428 ed il 1458 in uno al monastero, decoravasi di peregrine
pitture dei Vivarini, dei Bellini, dei Paoli, ma arse tutte dall’ in¬
cendio accennato, rimase solo lieta di alcune non ispregevoli pitture
moderne. Ora demolita la chiesa e gli adiacenti edifici, tranne
che una polveriera al modo delle altre isole da noi descritte, ogni
cosa andò distrutta. Non però infrequente era il ricorso a questa
isola negli andati tempi; qui accoglievansi gli ambasciatori prove¬
nienti da questa parte di Laguna, quali sarebbero p. e. l’Imperia¬
le, lo Spagnuolo, ec.; qui il doge Renier incontrò Pio VI allorchè
Il fiore di Venezia Vol. I.
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