170.
granditi dalla b. Giuliana di Collalto, nel secolo XVIII nondimeno
rinnovaronsi dalle fondamenta: adornossi la chiesa con sette altari
di fini marmi e con elette pitture, tra le quali furono notate quel¬
le del Paris Bordone, del Palma giovine e dell’ Ingoli. Tra le sue
reliquie, in apposito altare era esposto al pubblico culto il corpo del¬
la b. Giuliana morta nel 1260. Ora ogni cosa andò dispersa. Sus¬
sistono però e la chiesa ed il convento quali le ordinava il valente
Michele Sammicheli, ed utilmenté anzi si fe’servire quest’ ultimo ad
uso di spedale per le malattie contagiose sofferte negli anni 1814
e 1816 dalla città di Venezia.
Dalla Giudecca ci convien muovere ora alla prossima isola di s.
Giorgio maggiore. All’alba del IX secolo nulla più essa offeriva
che una vigna, un boschetto di cipressi“, dai quali pigliava il no¬
me d’isola dei cipressi ed un molino in servigio del palagio du¬
cale. La famiglia Badoaro o Participazia vi fondava eziandio una
chiesa sotto l’invocazione di s. Giorgio e la sottoponea alla basilica
di s. Marco dalla medesima famiglia poco innanzi eretta. Stette in tal
soggezione finchè ritornato Giovanni Morosini in Venezia dal mona¬
stero di Cussano nell’ Aquitania, dove , insieme al santo suo suo¬
cero Pietro Orseolo (1) avea professata la religione benedettina,
impetrò dal doge Tribuno Memmo (an. 983 ) l’ isola, la chiesa, una
libreria che vi era annessa, le acque e le paludi convicine col fine d’in¬
stituire un monastero di tanta austerità di quanta era quello di Monte
Cussano. Nè ciò soltanto çoncedeva quel doge; ma col consenso
degli ottimati, scioglieva la chiesa altresi dalla dipendenza verso la
basilica di s. Marco. In seguito per altro varie altre possessioni:
vari altri privilegi di tanto in tanto vennero largiti a que’ monaci
dalla pubblica pietà.
Nel 1060 Pietro Orio regalò il monastero di parecchie valli ;
Stefano Candiano nel 1086 gli accordava i propri beni posseduti nel¬
l’isola di Murano ; due anni appresso Vitale Faliero lo investiva
delle case e dei poderi donati ai Veneziani dall’ imperatore Aléssio
Comnenó in rimunerazione dei sussidi ricevuti nella guerra contro
i Normanni. Dal doge Pietro Polani (an. 1145) ricevevano quei
monaci le rendite che dai Veneziani riscuotevansi in Rodesto città
della Tracia, e templi e fondi posseduti dalla nazione si in Bi¬
(1) Certo Guarino d’Aquitania venne’a Venezia per visitare il corpo di
s. Marco. Ragionando egli col doge Pietro Orseolo I lo innamorò per mo-
do delle cose spirituali che Orseolo gli chiese un anno di tempo quanto
bastasse a ridurre la Repubblica in miglior stato, onde poscia seguirlo in
Aquitania . Si parti Guarino ed al compiere dell’ anno ritornò a Venezia:
di notte il doge in ignoto abito usci seco lui colla moglie, col figliuolo,
co’ famigliari, con Giovanni Gradenigo, Giovanni Morosini, e con Romualdo
e Marino di Ravenna riducendosi tutti in Aquitania. Morto il doge, Giovan¬
ni Morosini venne a Venezia, ed ayuta dal doge Tribuno la suddetta isola
ne fu creato primo abate.