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sendono le merci dalle ingiurie delle piogge e dall’ardore del
sole, e si espurgano, mentre l’aria vi penetra libera. In quelli
si rimuovono, si sbattono, si sciorinano, si asciugano le stesse
merci, od altre, giusta i prescritti regolamenti. Arbusto od al-
bero non vi si lascia crescere, animale domestico non può va-
garvi, la spontanca erba spesso si falcia, affinchè non si rap¬
prendano o non si occultino fiocchi di lana o cotone, peli o
piume, o tal altra materia che in sè chiuda pestifero germe.
Alle estremità stanno le abitazioni del guardiano e de' facchini,
ai quali non è lecito uscire, finchè compiuto non sia il ter¬
mine prescritto all’ espurgo degli oggetti ad essi affidati.
Una muraglia cinge certo spazio di que'praticelli. S’er¬
ge nel mezzo una piramide. Fu forse destinata anch’ ella a
conservare la polvere; ma appelliamola monumento funebre.
L’immaginazione conceda almeno un qualche onore ai miseri,
che lungi dalle paterne case, senza lagrime, e con orrore fu-
rono anzi trascinati ed arsi che sepolti nel circostante terreno.
Genti di longinque parti, di abiti e di lingua e di reli¬
gioni diverse, si succedevano a popolare questo lazzaretto. Ma
Venczia prostrata dal tempo che tutto doma, non è più la do¬
minatrice di non ignobile parte dell'Oriente, nè l’arbitra del
commercio.
E tanto e non più ho io saputo dire intorno al lazza-
retto, a richiesta altrui è vero, ma non senza esser pago di
consecrare questa qual siasi memoria alla prima terra italia¬
na da me calcata.