tadino possa ambire ; e nel Parlamento che nello
scorso anno raccolse in Torino con quelli delle an¬
tiche province i deputati della Lombardia, del¬
l’Emilia e della Toscana, sedè il Carega rappre¬
sentante di Viareggio. Che se pel rimutarsi delle
sedi elettorali, non potè far parte del Parlamento
italiano del 61 , niuno vorrà dolersene ; imperoc
chè tutte le sue cure poterono cosi essere date
all’ Esposizione, esercitando un ufficio non sola¬
mente scientifico, ma eziandio politico, e acqui¬
stando diritto a quella compiacenza che egli proverà
grandissima, perchè meritata, il di che le sale del¬
l’antica Stazione delle Strade ferrate livornesi si
apriranno alla folla degli agricoltori, degli indu¬
striali, e degli artisti italiani.
LE ESPOSIZIONI INDUSTRIALI
IN ITALIA.
Cenni storici sull'origine e progresso delle medesime.
Avanti di parlare della utilità che hanno recato
e sono per arrecare le pubbliche mostre dei pro-
dotti naturali, agricoli e industriali, ravvivando
arti e mestieri lasciati in abbandono, o perfezio¬
nando quelli che servono agli usi più comuni,
giova tener discorso dell’ origine di siffatte esposi-
zioni, del loro progresso e del come abbiano a
quelle preso parte i varii Stati d’Italia, ora che
questi Stati riuniti in una sola famiglia si prepa¬
rano ad una prima Esposizione Italiana.
Le esposizioni industriali incominciarono in
Francia colla rivoluzione. Infatti la prima ebbe luogo
in Parigi nel 1798 sotto il Direttorio, nel 1801
e 1802 la seconda e la terza sotto il Consolato,
la quarta nel 1806 sotto l’Impero; dopo di che vi
fu un’ interruzione fino al 1819, nel quale anno
solamente fu rinnovata, e ripetuta poi nel 1823
sotto Luigi XVIII. Una settima esposizione ebbe
luogo nel 1827 sotto Carlo X; e finalmente sotto
Luigi Filippo, da quella del 1834 in poi, le esposi¬
zioni industriali divennero quinquennali, e cosi
hanno proseguito fino ai tempi presenti.
La stessa rivoluzione portò in Italia, con la do¬
minazion francese, anco le esposizioni. La prima
delle quali fu tenuta in Torino nell’anno 1805, a cui
seguitarono quelle del 1811 e 1812. Avanti questo
tempo non si ha traccia di simili concorsi in Italia,
se si eccettuino quelli delle belle arti ordinati in
Firenze da Pietro Leopoldo nel 1791.
Quali fossero i risultamenti ottenuti da quelle
prime prove non è facile a dire, non restando di
queste se non la memoria; ma se argomentiamo
da alcune convien crederli favorevoli al fine cui
le esposizioni miravano: perchè restaurato il go-
verno di Casa di Savoja, la regia Camera di Agri¬
coltura e Commercio fu premurosa di proporre e
Re Carlo Felice di ordinare una triennale esposi-
zione dei prodotti della industria agricola e manifat-
turiera del suo regno, come si ricava dalla notifi¬
cazione pubblicata sotto di 27 dicembre 1827 dalla
Camera stessa, alla quale ne fu commesso l’ordina¬
mento e la direzione.
La prima di queste esposizioni piemontesi fu fat¬
ta, il 1829, nel delizioso castello del Valentino, in
vicinanza della capitale; il numero degli espositori
fu di 502, fra’ quali erano invitati non pochi arti¬
sti, che colle loro opere accrebbero ornamento e
decoro alla esposizione.
Minore, sebbene di poco, fu il numero dei con¬
correnti a quella del 1832, non avendo oltrepas¬
L’ESPOSIZIONE ITALIANA DEL 1861.
sato i 490. Ció nondimeno, questa diminuzione diè
motivo alla Camera di Commercio di dubitare che
troppo breve fosse la distanza dell’ un concorso
dall’altro; per cui, proponendolo ella, il re Carlo
Alberto, ai 22 aprile 1834, ordinó che le esposizioni
industriali sarebbero ricorse non più ogni tre,
ma ogni sei anni.
Se questa disposizione valse a meglio mostrare
come le varie industrie continuassero nella via del
progresso, e facessero palese la differenza note-
vole nell’ésecuzione del lavoro, ció peró non valse
ad aumentare il numero dei concorrenti; poichè
l’esposizione del 1838 ne contó soli 375, e quella
del 1844 appena 402. Chi volesse indagare le cause
di questo scemare degli espositori, difficilmente
troverebbe le vere; a noi basti notare che di si-
mili casi vi ha esempio anche in altri luoghi, come
verrem dimostrando nel seguito del discorso. Non
avvenne per altro cosi in Francia, dove mentre
alla esposizione del 1798 furono solamente 110 gli
espositori, questi andarono nel seguito gradatamente
crescendo di tanto che nelle ultime esposizioni su-
perarono i 4000.
Non contenta pertanto la Camera di Torino dei
risultamenti fino allora ottenuti, pensô, all’avvici-
narsi della esposizione del 1850, di far conoscere
più chiaramente il fine che dovevano avere queste
pubbliche mostre ; fine che al tutto consisteva nel
somministrare facili ed utili ammaestramenti agli
scienziati, ai commercianti, ai capitalisti, agl’ in¬
dustriali ed ai consumatori. Cosi all’ azione promo-
trice della Camera Torinese, alla quale sola- era
da prima riserbata, si aggiunse quella delle altre
Camere; furono istituite delle giunte e mandate
attorno nuove e più particolareggiate istruzioni,
perchè la esposizione dovesse riuscire compiuta.
E perchè il giudizio intorno alle cose esposte fosse
pronunziato con piena cognizione, si volle che non
fosse giudicato del merito di quelle dalla sola vista;
ma si da esatte informazioni sui modi della loro
produzione, sulle materie prime impiegatevi, sul
numero degli operai, sulla estensione della lavora-
zione e sul commercio.
I quali provvedimenti, come quelli ch’erano sug
geriti dalla esperienza, portarono ottimi frutti; cosi
che la esposizione del 1850 se riusci gradita per
lo straordinario concorso degli espositori che giun¬
sero a 924, fece conoscere del pari di quanti pro¬
dotti e di quante industrie fosse ricco il Piemonte,
e come l’emulazione portata nelle officine e nelle
fabbriche fosse buon presagio ch’ei non sarebbe
tornato addietro nella via che da molti anni corre¬
va: perchè, oltre al progresso delle industrie esi-
stenti, fecero bella mostra molte e svariate indu¬
strie e lavorazioni di recente introdotte per opera
di distinti industriali e fabbricanti.
Le due esposizioni universali di Londra e di
Parigi ritardarono fino al 1858 l’esposizione nazio-
nale (italiana) che doveva esser fatta nel 1856, e
coll’ esempio loro ne mutarono in tutto, da quello
era stabilito, l’ordinamento. I prodotti furono di¬
stribuiti in diciassette classi, delle quali una era
detta Galleria economica, e comprendeva prodotti
di uso comune e a buon mercato; la mostra delle
sete naturali, cioè dei bozzoli, fu resa universale;
furono istituiti, quante erano le classi, altrettanti
giuri, i quali, pronunziato il loro giudizio sulle
cose esposte, lo passavano alla revisione del Con¬
siglio dei Presidenti e Relatori di ciascuna classe.
Per questo modo alla Camera di Commercio non
rimase altra ingerenza che d’approvare le cose
dagli altri deliberate. Furono anche istituiti premii
a vantaggio degli operai; niente’infine fu trascurato
di quanto si credè più utile e conveniente a rag-
giungere il fine che aver devono le esposizioni.
Quale fosse il concorso di questa ; che fu quasi
straordinaria, e quali i resultamenti, lo dica il nu¬
mero degli espositori e dei premii conferiti. I pri¬
mi ascesero a 1784; i secondi a 931, ed erano
medaglie d’oro, d’argentoe di bronzo, e onorevoli
menzioni. Gli operai premiati furono 201.
In questa ebbe pure il Piemonte due esposi-
zioni straordinarie, ambedue eseguite in Genova:
l’una nel 1844 all’ occasione del Congresso degli
scienziati Italiani raccolti in quella città; l’altra
nel 1854, festeggiandosi l’ apertura della strada
ferrata, che, fra mille difficoltà superate meravi-
gliosamente dalla costanza del Governo e dalla pe-
rizia degli ingegneri, riuniva Torino a Genova.
Questa impresa, promossa dal Governo per mettere
in diretta e pronta comunicazione le due capitali
del regno e dare al commercio marittimo più fa¬
cili i mezzi di trasporto all’interno, doveva nel
momento della sua attivazione essère salutata da
tutte le industrie di esso regno; che raccolte nel
palazzo dell’ Annona vi erano rappresentate dai
loro più distinti cultori, dai loro più pregiati pro-
dotti.
Finalmente non è da tacere che, oltre alle espo¬
sizioni industriali manifatturiere ordinate a proprie
spese dal R. Governo , altre di orticultura provvide
che fossero fatte in Torino la Regia Camera di agri¬
coltura, sulle norme dal Governo approvate. La pri-
ma di esse ebbe luogo nel maggio 1851 e le altre
si fecero annualmente fino al 1857 inclusive.
Queste esposizioni inaugurate quasi per diletto
da quella dei fiori (gentil principio a tanto utile
impresa) si estesero mano a mano agli altri prodotti
degli orti e dei campi, ai quali particolarmente avea
inteso l’Accademia di rivolgere le sue cure, col
fine di migliorare l’ agricoltura del paese. E perchè
ogni prodotto potesse far di sè bella mostra, av-
venne talvolta che due esposizioni si facessero in
uno stesso anno : cioè nella primavera e nell’ au-
tunno.
Le premure dell’Accademia promotrice ebbero,
per la parte economica, ogni maniera di soccorsi
cosi per parte del Re, e del municipio, e di alcuni
benemeriti fra i suoi Soci; come dalla Regina Adelai¬
de, che per tre anni accordò una medaglia d’ onore
a chi andasse decorato del primo premio.
Da cosi felice incominciamento prese animo
l’Accademia a proseguire; ed ogni anno vidersi
aumentare gli espositori, migliorare le culture,
crescer d’assai il commercio dei fiori trascurato
per lo innanzi.
La capitale dette l’esempio alle provincie, spe-
cialmente a Chambery e Savona, che ebbero esse
pure in qualche anno esposizioni di orticultura.
Anche la Toscana ebbe, sebben più tardi del
Piemonte, le sue esposizioni industriali, promotrice
di esse la Regia Accademia Economico-Agraria dei
Georgofili, la quale nel 1838 ne fece a sue spese
e nelle sue sale un pubblico esperimento.
Da quest’esempio mosso il Governo a consi¬
derare come le pubbliche esposizioni di arti e ma-
nifatture contribuiscano efficacemente al progresso
perfezionamento della industria, ordinò, col Mo-
tuproprio del 12 luglio 1839, che nel settembre di
quell’ anno fosse fatta la prima di tali esposizio¬
ni, da ripetersi ogni 1re anni nella occorrenza delle
feste di San Giovan Battista; e ne afsidò l’ ordi¬
namento alla Direzione della terza classe d’arti e
manifatture dell’Accademia delle Belle Arti.
Però è da osservare come fin di principio non
fu compreso lo spirito che deve informare queste
pubbliche mostre; stimandosi universalmente che
solo vi dovesse comparire ciò che si fabbrica di
più bello, lasciate da un canto tutte quelle indu¬
strie che sotto più umili apparenze sono, dirò quasi,
il maggiore alimento della vita industriale, perchè
suppliscono ai nostri bisogni. Quindi assai scarso