Full text: La esposizione italiana del 1861

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quella cioè a mezzodi del Caspio, e quelle del Gollo 
Persico e del Mar Rosso mettevano ai porti del 
Mar Nero e del Mediterraneo: prodotti ch’ essi cam¬ 
biavano con le manifatture dell’ industria italiana, 
e particolarmente coi rinomatissimi panni lani 
e drappi di seta; ma in grandissima quantità coi 
panni lani, celebri per la loro finezza e pei colori 
risplendenti e vivacissimi, come scarlatti, pavonaz¬ 
zi, azzurrini, bianchi, misti, verdi, cangianti ecc. 
L’altro corso principale della marineria com¬ 
merciale degli Italiani era quella che chiamavasi 
la navigazione di Ponente. I nostri legni toccavano 
i porti di Francia e di Spagna, quelli di Algeria 
Tunisi e Marocco; poi Lisbona e i porti di Francia 
sull’ Oceano; di là navigando lungo la Manica 
giungevano all’Eschiuse e allo Scalto, la moderna 
Schelda, e quindi nei grandi emporii commerciali 
di Bruggia e di Anversa, e finalmente facevano 
capo in Inghilterra. 
Due erano i porti più frequentati dalla no¬ 
stra marineria mercantile sul littorale inglese nel 
medio evo, quello di Antona, l’Ampton e poi la 
Southampton dei moderni per distinguerla dal¬ 
l'altra al settentrione, chiamata Northampton; 
l’altro porto era quello di Londra. Ma i nostri 
industriali approdavano ordinariamente ad Antona. 
siccome porto più comodo non solo per lo scarico 
delle merci e delle manifatture che importavano, 
ma ben anche per l’esportazione dei prodotti in¬ 
glesi, e particolarmente di tutta la lana che estrae¬ 
vano dalla parte meridionale dell’ Isola e più spe¬ 
cialmente dal Guallese (paese di Galles). 
Antona dunque, che i nostri paleografi confu¬ 
sero con Ancona ed anche con Altona in Dani¬ 
marca, era il porto delle merci; e di là i nostri 
cavalcavano alla villa di Londra, come essi dice¬ 
vano, al cui porto facevano capo i prodotti inglesi 
che venivano tratti dalle parti più interne e su¬ 
periori dell’ Isola. In Londra però erano trattati 
tutti gli affari, tutti i cambi degli Italiani con 
Bruggia, Anversa, Parigi; e nella stessa Londra ri¬ 
siedevano non solo i nostri banchieri, ma i diversi 
Consolati delle nazioni, come allora chiamavansi, 
cioè della nazione veneziana, fiorentina, genovese, 
lucchese ecc., e cosi pure della fiamminga, olan¬ 
dese ecc. In Londra avevano stanza i governa¬ 
tori delle Compagnie commerciali italiane, le quali 
tenevano inoltre i loro ministri, fattori, discepoli ec. 
Il corso di Ponente della marineria italiana aveva 
per oggetto principale il trasporto e lo spaccio in 
Inghilterra di tutte le preziose derrate dell’Oriente, 
non che delle manifatture italiane, e particolar¬ 
mente dei panni lani e drappi di seta, che i no¬ 
stri cambiavano coi prodotti del paese; e massi¬ 
mamente aveva per oggetto l’estrazione dalla stessa 
Inghilterra dell’ immensa quantità di lana ch’ essa 
produceva, come pure il piombo, lo stagno ed altri 
prodotti; nel mentre che i nostri residenti a Lon¬ 
dra corrispondevano per gli affari e i cambi con gli 
emporii di Bruggia e di Anversa, dove gli Italiani 
possedevano grandi stabilimenti commerciali e ban¬ 
che, non che propri Consolati; ed era appunto in 
questi grandi centri commerciali di Ponente, cio¬ 
Londra, Bruggia, Anversa che i nostri mettevansi 
in comunicazione coi mercadanti della Ansa, la 
quale era signora di tutto il commercio non sblo 
degli scali del Mar Germanico, ma ben anche del 
Baltico e del Mar Bianco. Dalla Inghilterra inoltre ed 
anche dalla Fiandra i nostri industriali traevano 
i panni greggi, che servivano ad un’altra industria 
importantissima e ricca; quella cioè di Calimala: 
la quale consisteva nel ritingere i panni inglesi e 
fiamminghi, cardarli, cimarli, lustrarli, i quali poi 
rivendevansi come panni finissimi nei mercati d’O¬ 
riente, ed anche in quelli dello stesso Ponente. 
L’ESPOSIZIONE ITALIANA DEL 1861. 
Esportavano inoltre gli Italiani dalla Fiandra i 
panni lini rinomatissimi sino da quei tempi, e dei 
quali facevano gran commercio in tutti i mercati 
europei e del Levante. Ma come fu detto più so¬ 
pra, i nostri industriali trattavano e concludevano 
tutti gli affari commerciali in Londra, a motivo 
delle continue e importanti relazioni con Bruggia, 
Anversa, Parigi e Lione per tutto ciò che riguar¬ 
dava le cose di banca e i cambi, i quali può dirsi 
che avessero luogo giornalmente a motivo della 
grande quantità di lana che estraevano dall’ In¬ 
ghilterra. 
Era in quei tempi quasi tutto il suolo inglese 
posseduto dai numerosi e ricchissimi Conventi, 
Priorie e Abbazie di uomini e di donne, il resto 
dalla aristocrazia e dalla casa reale, le cui te¬ 
nute, stando all’osservazione dei nostri, non 
fornivano allora alcuna specie di lana, ma si le 
terre di alcuni signori: però la massima parte 
della lana era sommistrata ai nostri industriali 
dalle Abbazie e dai Conventi, ondechè può dirsi 
che quasi tutta la lana che produceva l’Inghilterra 
veniva estratta dai nostri, e cosi i panni greggi; 
la prima serviva all’ arte della Lana che sioriva 
in molte città italiane, i secondi all’arte di Cali¬ 
mala, le due principali industrie, le più ricche e 
le più potenti in Italia nel medio evo. A capo 
delle grandi compagnie industriali dei nostri sta¬ 
vano, come si disse, i governatori; venivano poi 
i ministri, i fattori, i discepoli, che tutti studiavano 
la bottega, i corrieri, che regolarmente partivano 
con la scarsella delle lettere per i principali mer- 
cati ed emporii commerciali, e per le città italiane ; 
avevano inoltre le nostre compagnie il loro cap¬ 
pellano, l’albergo proprio ecc. Il governatore e i mi¬ 
nistri risiedevano quasi sempre nelle città princi¬ 
pali, come Londra, Bruggia, Anversa, Lione, Pa¬ 
rigi; ma i fattori e i discepoli delle compagnie 
industriali italiane in Inghilterra erano inviati 
periodicamente in tutti i Conventi, in ciascuno 
dei quali incettavano la lana che produceva, 
per due, tre, quattro, sei e perfino dodici anni 
consecutivi, stipulando con l’abate o priore il 
relativo contratto, e lasciando in ciascun Con¬ 
vento una forte somma per arra. Quindi ogni 
anno dagli stessi fattori e discepoli la lana di cia¬ 
scun Convento o Abbazia veniva trasportata per 
la massima parte in Antona dove approdavano i 
legni italiani, e in parte anche a Londra. Dai porti 
dell’ Inghilterra era quindi trasportata a Bruggia. 
Anversa, nei porti di Francia, e specialmente in 
Livorno di Guascogna; e di là per terra a Mom¬ 
pellieri, Acquamorta, Marsiglia, Nizza; e da queste 
ultime e sempre per terra, nelle città d’Italia, 
ma particolarmente a Milano, Venezia, e sopratutto 
a Firenze e in altri luoghi della Toscana. 
Come fu già avvertito, in cambio della lana i 
nostri portavano agli Inglesi non solo i prodotti 
d’Oriente e molte manifatture italiane, ma partico¬ 
larmente i celebri panni lani fabbricati con le stesse 
lane d’Inghilterra, con quelle di Spagna e di altri 
paesi; e cosi pure i panni di Calimala, cioè i panni 
greggi inglesi e fiamminghi, ritinti e ridotti a panni 
finissimi; e più i drappi di seta, i broccati d’ oro e 
d’argento, i damaschini, i rasi,i velluti. Ma siffatta in¬ 
dustria degli Italiani con quasi tutta la lana che pro¬ 
duceva l’Inghilterra e coi panni greggi, era cosi rile 
vante e cosi estesa che trovavansi interessati i nostri 
maggiori mercatanti e banchieri, a motivo dei con¬ 
tinui pagamenti e dei cambi che occorrevano tra 
Londra, Bruggia, Anversa, Parigi, Lione e le città 
d’Italia; e tra i soli toscani che partecipavano a 
quelle due importanti industrie, noi possiamo an¬ 
noverare gli Spini, i Riccomanni, i Mozzi, i Falco- 
nieri, i Bardi, i Peruzzi, gli Acciaiuoli, i Bonac- 
corsi, i Frescobaldi, i Bonsignori, i Salimbeni, i 
Guinigi, i Ricciardi, i Portinari, i Medici ec., ed 
alcuni di questi erano anche banchieri dei re 
d’Inghilterra, come i Ricciardi, i Guinigi, i Pe¬ 
ruzzi ecc. 
La lana che i nostri incettavano in Inghilterra, 
era di tre qualità, ch’ essi chiamavano la migliore, 
la mojanna, da moyenne e perchè in quei tempi le 
locuzioni francesi erano in Inghilterra più frèquenti, 
e infine l’ultima qualità era quella che designavasi 
con la denominazione di Locchi. Tutta la lana era 
tratta, come si disse, dai Conventi, e basterà ac¬ 
cennare il numero delle Abbazie e Conventi che la 
fornivano agli Italiani per argomentare della grande 
quantità che i nostri esportavano. Difatti gli in¬ 
dustriali italiani compravano la lana da circa 
quarantacinque Magioni, Abbazie o Conventi del¬ 
l’ordine dei Premonstratensi; da quindici Magioni 
dell’ordine degli Scozzesi, ora poco esteso, ma 
che pure possiede ancora al giorno d’oggi una ric¬ 
chissima Magione in Vienna d’Austria ; traevano 
altresi tutta la lana ch’era fornita da venti e 
più Abbazie o Conventi dell’ordine di Cestello; 
da altri cinquanta e più Conventi detti dell’ Or¬ 
dine Nero, e in fine da circa venti Monasteri di 
Donne, Nonneries de Dames, e che i nostri paleo- 
grafi stamparono Nonnerie di Danie, quindi fan¬ 
tasticarono con la Dania, la Danimarca ec. ec. Sono 
dunque da cento e cinquanta Conventi, e tutti 
ricchissimi di possessi e di pasture, che vendevano 
nella sola Inghilterra la lana ai manifattori italiani, 
senza contare quella che questi traevano dalle 
tenute dei signori; e qui giova ripetere che i pos¬ 
sedimenti della Casa Reale non somministravano 
lana di alcuna sorta. 
(continua). 
SU TRE QUADRI DI PAESAGGIO 
DIPINTI A OLIO 
DAL SIGNOR EDOARDO PEROTTI DI TORINO. 
La pittara di paesaggio ha un largo orizzonte 
innanzi di sè ed una splendida via da percorre¬ 
re, inquantochè essendo il suo campo illimitato al 
pari della natura di cui è un riflesso, può e deve 
percorrere tutta la graduazione che dalla istessa 
ne vien indicata, vale a dire dalla semplice imi¬ 
tazione materiale alle più alte regioni dell’idea. Ai 
nostri tempi, e qui tra noi specialmente, coloro che 
cercano di copiare, null’altro che copiare l’effetto 
del vero, veggono di mal occhio introdursi nella 
pittura di paesaggio eziandio quell’elemento d’ideale 
fantastico che tanto eloquentemente parla alla più 
nobile parte dell’uomo. 
Ostinandosi a voler rimanere in uno stretto 
cerchio di esempj e di confronti, facendosi tipo di al¬ 
cuni pochi autori, da questo soltanto ripetono le loro 
leggi del bello e le norme del vero, confondendo 
bene spesso siccome accade a chi si racchiude in 
un angusto confine, il giusto coi pregiudizi, la ve¬ 
rità collo studio su gli altri. 
La libertà del soggetto , la libertà dei mezzi, 
onde renderne sempre più vari ed aggradevoli 
gli effetti essendo regola principalissima nell’arte, 
ne deriva per necessaria conseguenza come ogni 
pastoia, ogni limitazione cui si vorrebbe assogget- 
tarle, recando danno ad esse, sia invece da eli¬ 
minarsi e disapprovare. Il felice resultato di una 
opera derivando dalle analitiche region della este- 
tica applicata all’ottima riproduzione della natura 
ne inferisce che a quello soltanto mirar deve l’ar¬ 
tista, a quello unicamente riportar si deve la cri¬ 
tica.
	        
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