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STANZA DELL’EDUCAZIONE DI GIOVE
RENI (cav. Guido).
270. La Cleopatra.
A. m. 1,22. — L. 0,96. — Tela. Mez. fig.
Volge lo sguardo in alto, le adorna il capo un
nastro; ha il seno scoperto e appoggia il braccio su
de’guanciali. Tiene in mano un aspide e se lo ap¬
pressa al seno. Colla destra sorregge la veste bianca
e dalle spalle le scende un manto giallo. Dietro è
una tenda; e sul davanti, posata su di una tavola
coperta da un tappeto con cesta di fichi.
[Lettera esistente nell’ Archivio della segreteria vecchia,
che risguarda questo quadro, scritta da Bologna li 4 Gen-
naio 1640 dal marchese Ferdinando Cospi al cardinal Leo-
poldo: « Mando a V. A. la Cleopatra fatta da Guido Reni.
« Egli umilmente s’inchina all’A. V., pregandola a scusarlo
« se prima d’ora non l’ha servita. Assicurandola però, che
« questo è il primo lavoro che gli sia uscito di scuola dopo
« che l’A. V. glielo ordinò, fuori di bagattelle piccole.
« Dice che averà gran gusto che sia di sua soddisfazione,
« poichè egli vi ha messo tutto il suo sapere, et ha lasciato
« indietro altri lavori di principi et del papa stesso, cioè il
« quadrone, che mai più vi ha messo mano, perchè V. A.
« resti servito; e come ella vedrà, è stata fatta più d’ una
« volta per perfezionarla. E ben vero, che mi disse ieri sera
« nel darmela. - Se stesse dieci anni questo quadro qui,
« sempre ci lavorerei, perchè mai mi sodisfò. - Non è stato
« possibile che io possa mai sapere da lui nè dal suo tor¬
« cimanno, quanto voglia del quadro. Finalmente mi risolsi
« dare un ordine in un banco, che gli pagassero quanto ei
« diceva per mercede del detto : et a lui dissi che questo
« banco ne teneva commissione ; perocchè mandasse a pi¬
« gliare quanto voleva, che cosi era il comando di V. A.
« Mi rispose, che assolutamente non voleva cio fare, ma che
« mi pregava a scrivere a V. A. le seguenti parole: - Che
« non desiderava maggior premio, se non che il quadro fosse
« di suo gusto, e senza imperfezioni, e che le fosse piaciuto
« avendo egli posto lo studio possibile come ho detto, che
« nel resto volendo V. A. pagare, gli mandi quel tanto che
« le pare meriti l’opera e non di più desiderando, se deve
« essere premiato, d’esserlo come diranlo le sue fatiche. -