po di un Sestiere di Firenze, essendo questo modo di
partire la Città già uſato dai Fiorentini fino dal seco¬
lo decimo, ed il Villani, dove scrive, che le gravezze del
la Città erano di centomila fiorini l'anno, divisi a pro¬
porzione per i Sestieri, a quello di San Piero Scherag
gio dà di sua prestanza fiorini 23. migliaia; e questa di¬
visione del popolo in Sesti durò fino alla cacciata del
Duca di Atene nel 1343. Ed altra prova mi somministra
la distruzione di Fiesole, laonde lasciandomi portare
dalla vaghezza delle glorie di Firenze, riferirò somma¬
riamente la fine delle lunge guerre tra’ Fiorentini, e i
Fiesolani.
III. Molto peſava a Firenze l’avere sul suo capo il Pog-
gio, la Città, e la Rocca di Fiesole emola per vero dire
in tutte le grandezze de’ Fiorentini. Il desiderio di ab-
batterla era stata la cagione di molte sanguinose nimistà,
quando ciò, che non isperava Firenze di agevolmente
conseguire con la forza, l’ottenne con l'inganno. Già
tra le due Nazioni più fiate alla Guerra ne era succedu¬
ta la tregua; ed appunto il 1010. era un anno di quie¬
tissima pace. Or essendo soliti i Fiesolani di celebrare
con gran solennità la festa di Santo Romolo, creduto
loro primo Vescovo, nel qual di secondo il costume di
si fatte feste vi concorrevano moltissimi vicini; questo
giorno parve a'Fiorentini tempo opportuno a quanto
sospiravano. Quindi ordinarono a molti de’ loro arditi
giovani, che vi entrassero la mattina per tempo sotto
il titolo di vedere la festa, i quali da molti altri ar¬
mati, che stessero sotto il Monte all'agguato, fossero se¬
guitati, con ordine, che insieme insignoritisi delle porte
facessero il segno a Firenze, onde incontinente tutto l'
esercito avrebbe a salire. I Fiesolani intenti più alla fe¬
sta, che alla guardia della Città, nel levar del rumore non
cosi leggermente sospettando della fede de'Fiorentini, da
principio lo credettero una briga insorta tra' villani, ma
dal rilucere delle armi, dallo svolazzare delle bandiere
di Firenze, dallo scorrere de' cavalli, e dal viepiù cre
scere l'oſte, tardi si avvidero di avere nel proprio se-
no
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