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La data fatale per le sorti di Narni fu il 17 luglio
1527. Sul far del giorno, le truppe dei lanzichenecchi fian-
cheggiate dai ternani, si schierarono sotto le mura e con
le artiglierie cominciarono l’attacco. I narnesi opposero
valida resistenza per più ore e ricacciarono nei burroni
il nemico che, assaltati i bastioni, si accingeva a scala¬
re le mura. I Borbóni riuscirono poco dopo nell’intento
con scale fornitegli dai ternani. La resistenza dei narnesi
fu accanita, tanto che le piazze e le strade furono rosse
di sangue. Furono poi sopraffatti ed i borboni si sparse¬
ro per la città saccheggiando e uccidendo senza pietà.
Il 1. agosto, lasciando Narni, le truppe borboniche appic¬
carono il fuoco ovunque, riducendo il paese ad un cumulo
di rovine.
Dopo tale rovina e saccheggio, Narni non tornò più
all’antica floridezza.
Lo scrittore dell’epoca, Leandro Alberti, narrà che
« Narni talmente pati che rimase priva di abitatori » e
quando vi passò nel 1530 « a pena vedeansi alcune ta¬
verne da poter alloggiare i viandanti. Et vidi tutta la
città abbandonata insieme col pallagio de’ priori. Vero è
che pur si vedeano da due a tre botteghe aperte nella
piazza piuttosto per bisogno dei viandanti che per uso
della città. Certamente io non avrei mai creduto che fosse
rimasta in tanta desolazione, havendola prima veduta
tanto piena di civil popolo ».
Il 20 novembre 1532 giunse a Narni il pontefice Cle-
mente VII che era diretto a Bologna per l’incoronazione
di Carlo V. Andarono incontro al Papa i rappresentanti
della città, e nei pressi della Chiesa dei Serviti (oggi della
Madonna delle Grazie) gli consegnarono le chiavi della
città, che ancora si conservano in Municipio.
Addi 19 di agosto del 1574, Narni ebbe ospite in
S. Domenico, il famoso S. Carlo Borromeo.