SESTA
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tesse adolescente vivea in Roma nel 1527 quan¬
do le armi del Borbone la posero a sacço. Stretto
dalla miseria, e afflitto da sospetti trovò un ap¬
poggio in Nicolò Veneziano esimio maestro di
ricami a’ servigi del principe Doria, il quale lo
condusse a Genova, e gli procurò dal proprio
signore benevolenza e guadagni. L’intero lavoro
venne affidato a questo raro genio educato agli
antichi esempi, a’ precetti del Sanzio, ed alle
opere di Michelangelo, tuttochè parecchi altri
vi s’impiegassero di seguito. Egli chiamò per
aiuto Giovanni e Silvio Cosini zio e nipote da
Fiesole per la statuaria e le decorazioni, e Lu¬
cio Romano, e un Guglielmo milanese, e certi
altri lombardi di nome ignoto per lavori d’af¬
fresco. La fama del Pordenone, o più propria¬
mente di Gio. Antonio Licinio, gran pennello
della veneta scuola invogliò il principe d’averlo
ai dipinti del suo palazzo; ma poco vi rimase,
adombratosi d’un toscano che sopravveniva ad
accrescere il numero degli emuli. Dico Domenico
Beccafumi nominato il Mecherino da Siená, che
Andrea Doria passando per quella città in com¬
pagnia di Carlo V vide operare con tal magi¬
stero, che s’accese del desiderio d’avere nel suo
palazzo alcun saggio del valent'uomo. Nè costui
fermossi a lungo presso il principe, abborrente
per natura dal vivere cortigianesco, e cosi te¬