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SESTA
Questo sol quadro ci resta in patria a ragionarci
dell' ingegno e delle sciagure di lui. Vi si scerne
la maniera del Cambiaso; se non che il disegno
è meno scelto e men franco, e assai più languido
il colorito. Pecca eziandio dove il maestro non
parve peccar giammai, dico nella composizione,
affollata e ridondante di figure, nè più felice per
prospettiva di linee. Piace nondimeno per la
suddetta imitazione, e per un pennello si dili¬
gente e pulito, che per poco non è timidezza.
Chi si diletta de’ contrapposti guardi i due
sportelli che nella seguente cappella servono a
custodire le reliquie. Valerio Castello effigiò so¬
vr’ essi i santi Antonio e Martino con quel suo
stile ch’ è veramente uno specchio di fervidissi¬
mo ingegno, e perchè il lavoro si chiedeva a
mascherare altre cose, diresti che il compiesse
con maggior fretta di quella ch’ ebbe natural
mente. Ma il genio non abbandona il pittor fret-
toloso, e questo dipinto non può lasciarsi senza
lode se ci vengon sott occhio le sue tinte brio-
se, lardito chiaroscuro, l’esecuzione pronta
vivace, magistrale.
A fronte di tai nomi lascerei nel silenzio Fran¬
cesco Zignago che dipinse i beati Gaspare e Ni¬
colò de' Minimi per l’altare di questo titolo;
ma l’ésattezza propostami domanda pure ch’ io
il nomini, mentre m’impone d'avvertirne i di¬