Full text: Dell'istorie di Genova. Di Mons. Uberto Foglietta patrizio genovese. Tradotte per M. Francesco Serdonati cittadino fiorentino

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De gli Annali di Genoua, 
di vſcire dal forte della Goletta, quando vna banda di loro di nuouo in¬ 
uesti in quella parte, oue erano alloggiati i Spagnuoli, li quali dolenti 
oltre modo dell'ignominia poſta alla nation loro, disposti ò di scontar la 
vergogna, che si haueuano fatta poco innanzi, ò di lasciarui la vita, si 
ſpinſero adosso gli nimici con tanto impeto, che li fecero prestamente ri¬ 
tirar dentro il forte. quello fù loro d'impedimento alla vittoria, che già 
haueuano quasi in mano; che non v'erano scale per salir la fortezza, non 
essendo quel giorno deputato tra loro di espugnarla. Onde essendo da i 
difensori ributtati da ogni banda necessitati da i colpi dell'artiglieria à 
ritirarsi, con danno grauissimo tornarono a gli alloggiamenti loro. Fù 
questa audace impresa certamente acerba a nostri, però scemò la spe¬ 
ranza a gli nimici, & crebbe loro il timore. si trouauano le cose in questo 
ſtato, & dal giorno, che l'armata toccò il paese dell'Africa haueua il cor- 
ſo della Luna quasi fornito lo spacio d'un mese, quando Cesare coman¬ 
dò, che si apparecchiassero le cose opportune all'oppugnatione della for 
tezza nimica; le quali cose poste in ordine, & raccolto insieme il mag¬ 
gior sforzo dell'essercito, alzando gli occhi ripieni di vn ardore Ce¬ 
sareo. 
Vedete voi (disse) ò soldati quella imagine in alto, gli auspicij della 
quale seguendo habbiamo solcato il mare? (mostraua loro l'imagine di 
Chriſto, la quale in vna bellissima bandiera dipinta portaua sopra la Ca 
pitania;) quiui pensate esser presente Iddio, egli veramente vi si troua, & 
è con noi, & a questa battaglia c'inuita. Però co'l santissimo nome di 
quello destiamo in noi la virtù. non è à noi proposto premio di cosa ca- 
duca, ò fugace: tendiamo all'eternità, alla gloria dell'immortalità;men- 
tre che ſtarà in piedi l'Africa, viuerà questa vostra honorata impresa, ne 
renderanno testimonianza questi liti, ne ragioneranno le lettere, & la 
celebrerà con gratissimi ragionari tutta la posterità. che se in questa bat 
taglia ci conuien morire, di buon cuore muoriamo per passar alla vita 
& alla salute, compagni di quelli, che godono al presente la bramata lu¬ 
ce della diuinità; ma siamo appogiati a tal Duce, e di cosi fatti presidij 
muniti, che non vi ha dubbio alcuno, che se li nimici, non dico da questo 
debole baſtione, ma da monti d'intorno chiusi si difenderanno contra di 
noi, non siamo per rompere felicemente l'empie armi loro. 
Era il giorno xiij. di Luglio, quando nell'apparir del giorno con l'Ar¬ 
tiglierie in terra, & in mare poste cominciarono con grandissimo impe¬ 
to a batter il forte della Goletta, il quale con l'abbattimento di sei hore 
continue haueuano in gran parte guastato, quando Cesare veduto gli 
animi de i suoi concitati, & tutti ardenti di desiderio di combattere die 
de il segno della battaglia. Allhora subitamente secondo ch'erano posti 
in ordinanza, tutti inuestono, & al primo impeto pigliano la fortezza. 
non la moltitudine delle ſaette, non i folmini delle artiglierie, non i tor- 
bini de i fuochi artificiosamente fabricati poterono ostar alla virtù lo¬ 
ro. tanto impeto non sostenerono li nimici, ma dispersi, e rotti dalla for¬ 
tezza si missero in fuga. fuggendo furono da Antoniò Doria mal trattati 
sin a ottocento vccisi, restandoui morti alcuni pochi de nostri. Dicesi, 
che Ariadeno veduto l'esito infelice delle cose sue piangesse, e per lo smi 
surato
	        
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