Full text: Dell'istorie di Genova. Di Mons. Uberto Foglietta patrizio genovese. Tradotte per M. Francesco Serdonati cittadino fiorentino

Libro Duodecimo. 
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disse che il Re non era per soffrire tali oltraggi, la cui bontà era tale, che 
vſando in bene la benignità ſua, non ſi poteua trouare Principe più 
maſueto, ma miſuſandola, che non era vn altro più! ſeuero di lui; perè 
che ſi guardaſſero di non ſi prouocare contrà la ſua ira, e voleſſero più 
toſto ſperimentare la manſuetudine, che la ſeuerità di lui, e che que¬ 
ſto piaceua grandemente al Re, e che non haueua più caldè, e più ſtret¬ 
te commessioni, che queste, e che se non mutauano verso, era d'animo 
d'eſequirle con sommo rigore, e che la colpa non era più de giouani, 
che de vecchi, che doueuano con là moderazione, e prudenza loro reg. 
gere le sfrenate voglie, e l'inconsiderato procedere della giouentù, e tar- 
dando essi a cio fare, che sarebbe costretto dalla necessità di supplire al¬ 
Luficio loro con la ſeuerità del gaſtigo, e con l'acerbezza delle pene. 
Dette queste coſe con voce graue, e minacceuole pose fine al suo ra- 
gionamento, e in quel consiglio non si trattò niente altro; e popolari di¬ 
siderauano bene, che in quello si parlasse della cosa maneggiata tan¬ 
te volte nelle priuate adunanze, e trattata con tante contese, cioè di 
concedere al popolo i due terzi de publici vfici, la qual cosa impedi¬ 
uà la concordia della città; ma non harebbon voluto essere i primi a pro¬ 
porla per non cadere in sospetto d'ambiziosi: adunque mentre che tutra 
la città era sospeſa nell'aspettazione, come ſi diuolgò, che in quella con¬ 
gregazione non s'era fatto menzione della nuoua diuisione de gli vfici, 
e de gli onori; gridauano per tutio che il popolo era pasciuto di parole, 
e schernito, e tenuto a vile: quelli; che disiderauano rinouare lo stato 
prendendo quella occasione mossero alcuni huomini di vilissima condi¬ 
ziond, i quali hauendo per caps Paolo Battista Giustiniano, e Manouel 
lo di Canale, quello nato di nolile schiatta, e questò d'orreuole sangue; 
vſcendo armati di caſa gridarono all'arme, e con essi da principio si con¬ 
giunsero alcuni pochi; i quali scorrendo per la città, e gridando spesso 
vina il Re, e viua il popolo, paſſando per la piazza d'Orià iſtigati dal¬ 
le parole d'alcuni nobili, che diceuano loro villanie poſpoſta ogni di¬ 
ſtinzione di colpeuoli, o d'innocenti sfogarono lira loro ſopra il. pri¬ 
mo, che incontrarono. Queſti fu Viſconte d'Oria eccellente cittadi¬ 
no, e huomo di buono esemplo, e di moderata natura, e non ostante che 
non haueſſe veruna colpa l'amma zzarono crudelmente, e ferirono Ago¬ 
stinod'Oria, ed alcuni altri nobili; ſecondo che ciaſcuno S'incontraua 
eoneſſi. Gian Luigi dal Fieſco vdito queſto ſtrepito ſaltò fuori di ca¬ 
Ea sua poſta all'Inuiolata in luogo alto con vna buona ſchiera di ſuoi 
seguaci, è calò a basso peracchetareiil tumulto: e nel medesimo tem¬ 
po il Roccabertino Vicario del Re vſci del palagio diſarmato con vn 
sol baſtone in mano. e discorrendo per la città minacciaua, e faceua 
comandamento a tatti, che posassero l'arme; e perche gli fù risposto fe¬ 
ocemente; chel popolo non era per poſare l'arme prima che gli fusse¬ 
o concedutidue terzi ne magistrati, e nel gouerno publico; perche egli 
emeua della notte; che s'auuicinaua, la quale è costumata d'accresce 
e la licenzia al male, perche ne la vergogna, nel timore della pena raf- 
rena l'ardimento ricoperto dal buio; egli fu sforzato promettere, che 
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