Libro Vndecimo.
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vita sua , e la conseruazione dello stato del suo Duca. Per decreto del
consiglio furono mandati otto cittadini con guardia d'huomini armati a
quietare i tumulti, e a raffrenare l'ardire di Girolamo, a quali egli si fece
incontro arditamente con quei pochi, che erano rimasti seco (che non
furono più che trenta a nouero) e gli ributtò, e poco mancò; che non gli
pose in fuga, finalmente mettendosi di mezzo venti quattro artefici de
più orreuoli della città, le coſe s'acconciarono, e fù perdonato, a Girola¬
mo, e a tutti quelli, che erano stati seco, e a Girolamo furono pagati set¬
tecento ſcudi d'oro, che diceua hauere spesi nel difendere la libertà della
patria; e cosi Girolamo renduta la porta sospirando, e lamentandosi, che
cosi nobile impresa andasse d'effetto vota, e dicendo con chiamare in te¬
ſtimonio gli Dei , e gli huomini, che verrebbe tostamente tempo, che i
Genouesi si pentirebbono d'essere ſtati cosi lenti, e neghittosi a lasciarsi
vſcir di mano coſi bella occasione di racquiſtare la liberrà, s'uſci della
città. Ma i Genouesi per moſtrare, che la città, e'l commune era fuori di
colpa, mandarono a Galeazzo quattro ambasciadori Antonio Spinola,
Giouanni Saluago, Bartolomeo Giustiniano, e Vberto Foglietta, i quali
ſcuſarono la città, e moſtrarono, che'l tumulto non era nato per consiglio
publico, e che non si doueua imputare alla città , e al comune la temerità
d'un inconsiderato giouanetto. Intorno alla fine dell'anno venne a Ge¬
noua vna ſubita, e inaſpettata nouella, che'l Duca Galeazzo era ſtato
ammazzato, la quale riempie gli animi di tutti di marauiglia, e fù am¬
mazzato per vna congiura di tre giouanetti de principali della città
Giouann'Andrea da Lampognano. Carlo Visconti, e Girolamo Olgiati;
i quali furono indotti a metter mano ad ammazzare il Prencipe ſi da al¬
cune villanie fatte a ciascuno di loro in priuato, si da certo disiderio di
gloria, e dalla cupidigia della fama d'hauere liberata la patria dalla cru-
del Tirannide, nel quale disiderio erano entrati per se stessi, e anche era¬
no stati indotti da M. Cola Montano maestro di rettorica, dal quale era¬
no ſtati da fanciulli nelle lettere ammaestrati, che egli nelle lezzioni, e
nelle dispute non reſtaua di moſtrare a nobili fanciulli figliuoli de prin¬
cipali gentil huomini, che veniuano per imparare da lui (come se haues
se impreso ad ammaestrargli in cotal disciplina) quelle città essere bea¬
te, che viueuano in libertà, e all'oncontro misere quelle, che erano altrui
soggette, e che tutti gli huomini chiari, e per onorate pruoue da loro fat¬
te ragguardeuoli , e il cui nome, e fama sia celebre appresso la posterità
sono ſempre viuuti in città libere, perche i Prencipi, e i Re odiano la vir¬
tù de soggetti quando s'alza troppo, e sono vſati di farle tutti torti, e di
siderare d'estinguerla; oltre a questo la speranza loro era nntrita dal com
mune odio, che tutta la città portaua a Galeazzo, si che sperauano, che
dato effetto alla cosa non solamente douessero esser soccorsi, e difesi dal
l'impeto de soldati della guardia di Galeazzo; ma che douunque fossero
veduti tutti douessero correre a gara ad abbracciargli come autori della
libertà, il cui nome haueuano disegnato d'andare gridando per tutta la
città; percioche Galeazzo era fatto a guisa di certo mostro di grandis¬
ſimi vizi, e virtù accozzate insieme: riluceua in lui vna magnifica libera
lità, e beneficenzia verso tutti, e suoi, e ſtranieri, e nell'apparato della
corte,