Full text: Dell'istorie di Genova. Di Mons. Uberto Foglietta patrizio genovese. Tradotte per M. Francesco Serdonati cittadino fiorentino

Libro Vndecimo. 
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vita sua , e la conseruazione dello stato del suo Duca. Per decreto del 
consiglio furono mandati otto cittadini con guardia d'huomini armati a 
quietare i tumulti, e a raffrenare l'ardire di Girolamo, a quali egli si fece 
incontro arditamente con quei pochi, che erano rimasti seco (che non 
furono più che trenta a nouero) e gli ributtò, e poco mancò; che non gli 
pose in fuga, finalmente mettendosi di mezzo venti quattro artefici de 
più orreuoli della città, le coſe s'acconciarono, e fù perdonato, a Girola¬ 
mo, e a tutti quelli, che erano stati seco, e a Girolamo furono pagati set¬ 
tecento ſcudi d'oro, che diceua hauere spesi nel difendere la libertà della 
patria; e cosi Girolamo renduta la porta sospirando, e lamentandosi, che 
cosi nobile impresa andasse d'effetto vota, e dicendo con chiamare in te¬ 
ſtimonio gli Dei , e gli huomini, che verrebbe tostamente tempo, che i 
Genouesi si pentirebbono d'essere ſtati cosi lenti, e neghittosi a lasciarsi 
vſcir di mano coſi bella occasione di racquiſtare la liberrà, s'uſci della 
città. Ma i Genouesi per moſtrare, che la città, e'l commune era fuori di 
colpa, mandarono a Galeazzo quattro ambasciadori Antonio Spinola, 
Giouanni Saluago, Bartolomeo Giustiniano, e Vberto Foglietta, i quali 
ſcuſarono la città, e moſtrarono, che'l tumulto non era nato per consiglio 
publico, e che non si doueua imputare alla città , e al comune la temerità 
d'un inconsiderato giouanetto. Intorno alla fine dell'anno venne a Ge¬ 
noua vna ſubita, e inaſpettata nouella, che'l Duca Galeazzo era ſtato 
ammazzato, la quale riempie gli animi di tutti di marauiglia, e fù am¬ 
mazzato per vna congiura di tre giouanetti de principali della città 
Giouann'Andrea da Lampognano. Carlo Visconti, e Girolamo Olgiati; 
i quali furono indotti a metter mano ad ammazzare il Prencipe ſi da al¬ 
cune villanie fatte a ciascuno di loro in priuato, si da certo disiderio di 
gloria, e dalla cupidigia della fama d'hauere liberata la patria dalla cru- 
del Tirannide, nel quale disiderio erano entrati per se stessi, e anche era¬ 
no stati indotti da M. Cola Montano maestro di rettorica, dal quale era¬ 
no ſtati da fanciulli nelle lettere ammaestrati, che egli nelle lezzioni, e 
nelle dispute non reſtaua di moſtrare a nobili fanciulli figliuoli de prin¬ 
cipali gentil huomini, che veniuano per imparare da lui (come se haues 
se impreso ad ammaestrargli in cotal disciplina) quelle città essere bea¬ 
te, che viueuano in libertà, e all'oncontro misere quelle, che erano altrui 
soggette, e che tutti gli huomini chiari, e per onorate pruoue da loro fat¬ 
te ragguardeuoli , e il cui nome, e fama sia celebre appresso la posterità 
sono ſempre viuuti in città libere, perche i Prencipi, e i Re odiano la vir¬ 
tù de soggetti quando s'alza troppo, e sono vſati di farle tutti torti, e di 
siderare d'estinguerla; oltre a questo la speranza loro era nntrita dal com 
mune odio, che tutta la città portaua a Galeazzo, si che sperauano, che 
dato effetto alla cosa non solamente douessero esser soccorsi, e difesi dal 
l'impeto de soldati della guardia di Galeazzo; ma che douunque fossero 
veduti tutti douessero correre a gara ad abbracciargli come autori della 
libertà, il cui nome haueuano disegnato d'andare gridando per tutta la 
città; percioche Galeazzo era fatto a guisa di certo mostro di grandis¬ 
ſimi vizi, e virtù accozzate insieme: riluceua in lui vna magnifica libera 
lità, e beneficenzia verso tutti, e suoi, e ſtranieri, e nell'apparato della 
corte,
	        
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