Full text: Dell'istorie di Genova. Di Mons. Uberto Foglietta patrizio genovese. Tradotte per M. Francesco Serdonati cittadino fiorentino

Libro Nono. 
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conueniua con manifeſta ambizione lo richiedeua, come a ſe douuto, 
tentando tutte le vie, che a ciò lo potessero portare, senza fare veruna 
diſtinzione dal dritto, e dal torto. Ma il Montaldo, a cui le molte, e chia- 
re virtù, e oltre aciò la fama della prudenza più, che ordinaria, recauano 
grande autorità appresso al popolo, e gran fauore de buoni, dissimulan- 
do cotale disiderio, e vestitosi l'abito, e la persona di pacificatore, si la¬ 
ſtricaua la via al medeſimo luogo ſourano. Quelli dunque, che tra prin¬ 
cipali del popoli disiderauano rinouare lo ſtato, preſero occasione di ciò 
dal maeſtro della giuſtizia, magiſtrato nuouo introdotto in quei tempi 
nella città, il quale haueua aſsoluta balia, e sciolta dalle leggi di gaſtiga¬ 
re i malfattori anche nella vita; andauano dicendo esser cosa troppo gra- 
ue, e importabile a vna città libera, però che tolto via il nuouo magistra¬ 
to; si doueua rendère al Podeſtà la ſua ordinaria autorità, iche gaſtigaſſe 
iscolpeuoli ſecondo gli ordinamenti delle leggi: diceuanò di più, che 
non conueniua, che'l Doge teneſſe soldati pagati per sua guardia, che 
questa era cosa da Re, e non da magistrati eletti con libera volontà de 
cittadini; i quali doueuanò esser guardati dall'innocenza loro, e dall'ug- 
gualità nel gouernare, non dalle guardie de soldati pagati a guisa di Re: 
che questa apparenza non era conueneuole a vn magistrato ciuile, e che 
moſtraua disiderio di regnare, e non di gouernare, però che non si doue 
ua aggrauare il comune molto biſognoſo con queſta ſouerchia ſpeſa. 
Queste coſe andauano mormorando i principali del popolo. A queste 
s'aggiugneuano le querele della gente minuta, che si lamentaua delle 
nuoue grauezze impoſte, tra quali furono i beccai; i quali andarono al 
Doge, e fecero istanza con gridi pieni di sedizione, che si leuasse vna nuo 
ua gabella posta sopra la carne, e perche non ottennero nulla, non punto 
mitigati dall'amoreuoli parole del Doge, perche non ardiuano, soli far 
tumulto, congiuntisi con alcuni altri huomini della medesima condizio¬ 
ne, che si vnirono con loro, indotti dalle medesime cagioni, vscirono del- 
la città per tirare dalla loro gli abitatori delle valli , e delle podesterie, 
che sono d'intorno alla città : i quali sentendo sonare a martello da cam- 
panili delle Chieſe, e de Munisteri vicini, prese tostamente l'arme corsero 
nella città a grandi schiere, e con grande impeto; e ammazzarono vn 
certo Caporale della guardia del Doge , e'l maestro della giustizia, che 
a caso s'incontrarono in loro, e congiugnendosi con esso loro gran parte 
della plebe di dentro discorreuano per tutta la città gridando viua il po¬ 
polo, e con gridi pieni di minacce chiedendo, che si togliessero via le ga- 
belle. Finalmente ſi riſtrinsero insieme circa due mila, tanto della plebe 
della città, quanto del contado di quelli, che più amauano la quiete co- 
mune, e congregatisi nella Chiesa di S. Domenico , doue concorse anco- 
ra il Montaldo con alcuni principali del popolo; si trattò con gran dispu¬ 
te di parole dello stato presente delle coſe; e'l fine de consigli fù, che i 
nobili fossero del tutto rimossi dal gouerno della Republica, e che il sou¬ 
rano magistrato de gli Anziani , e tutti consiglieri del Doge si creassero 
del corpo del popolo,e che le grauezze, e le gabelle nuoue si leuassero; e 
furono mandati quattro cittadini de principali a esporre queste doman 
de al Doge, il capo de quali fù il Montaldo. Dietro a gli ambasciatori 
andò 
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