QUINTA
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in capo della sala attigua, composizione fretto¬
losa, e di colori più languidi. Come volesse ri¬
farsene, replicò il soggetto sulla facciata esterna
dell'edifizio, fingendovi N. D. recata sulle nubi
da varii angioletti con tale energia e succosità
d’impasto, che mi tornano al pensiero il ga¬
gliardo affresco della Dogana, e che al pari di
quello paion lottare colle intemperie.
Nell’infermeria de’ Feriti sulla destra del primo
ripiano è una tavola del transito di S. Giuseppe
di Stefano Magnasco, pittor raro a vedersi per-
chè morto in fresca età nel 1663. Fu allievo
di Valerio Castello, e n’ha qualche sapore in
quest’ opera, eseguita con minor genio che non
ebbe il maestro, ma disegnata con più sicuri
principii, e forse dopo ch’egli ebbe veduta Ro¬
ma. Il suo biografo vi loda specialmente quella
schiera d’angioli che festeggiano il felice pas¬
saggio del Santo, e con ragione, se ne esamini
il leggiadro intreccio e la grazia. — Ad un al¬
tare di quelle a sinistra fu locata una tela di
Domenico Piola, alla quale e gli anni e i cat-
tivi apparecchi han fatto insulto, oscurandone
le tinte, e rinforzandone l’ombre. Nostra Donna
di Misericordia n’è l’argomento, scelto (io cre-
derò) per significare il primo titolo dello Spe-
dale in queste infermerie, che siccome dicemmo
son le più antiche, cioè le fondate dal Bosco.