QUINTA
698
di togati, di donne magnanime sotto le statue
colossali che in lunga e continua fila si succe¬
dono sulle pareti, e riconoscervi altrettanti be¬
nefattori di que’ miseri che veggiamo distesi sul
letto de’ proprii dolori. Nè, come accade altrove.
son queste imagini mute, o freddi simboli di
glorie trascorse ; poichè vivono i loro esempi,
anzi rigermoglian più vivi a’ nostri giorni nel
cuore de’ personaggi magnanimi a quali è affi-
data la direzione dello Spedale. Lunga istoria
di fatti generosi han però questi luoghi, di tali
fatti che la mia penna non basterebbe a descri¬
verli, nè la strettezza delle pagine a contenerli.
Bastino per saggio gli uffizi eroici di carità che
vi rifulsero nel terribile contagio del 1656, de¬
scritti diffusamente da Filippo Casoni in sepa¬
rato opuscolo, e dal P. Antero ne’ suoi Lazza-
retti di Genova, ma che in queste linee non
troveranno più che un rapido cenno. I nostri
annali ricordano con nobile orgoglio, come i
più nobili esempi uscissero dai capi dell’auto¬
rità civile ed ecclesiastica, dal doge Giulio Sauli,
e dal cardinale arcivescovo Stefano Durazzo, am-
bo risparmiati dal morbo, quasichè la divina mi¬
sericordia si degnasse di lasciar quel compenso
alle pubbliche calamità. E ricordano le pietose
cure ministrate in questo spedale da tre patrizi.
Marcantonio Sauli, Agostino Grimaldi, e G. B.