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QUARTA
cipio e fine la descrizione delle pitture che con¬
ciliano ammirazione a questo tempio; nè so che
altri potesse operarvi quant egli, nè con tanta
si chiamano belle. — E tradizione in Genova che G. B.
Carlone sia stato l’assassino di Pellegro Piola. Chi osserva
queste scene del martirio di S. Clemente si persuade quasi
di tal misfatto. Si direbbe che il sorriso del carnefice era
sulle labbra dell' artista mentre ideava e conduceva questo
dipinto. Questi son concettini poetici, che non potranno
mai giovare, né saran mai graditi a chi cerca più critica
che poesia. Lascio in silenzio le ingiustizie drammatiche
di chi mostrò sulla scena come autori di quest’ assassinio
Taddeo e Giovanni padre e figlio Carloni, l’uno morto
nel 1615, l’ altro nel 1650, mentre quegli fu ucciso nel
1640. Per discolpa del Giambattista, secondogenito di Tad¬
deo, basterebbe il dire, che i suoi accusatori son tenuti
ad addur prove del suo misfatto, e che se pur v’ha una
debole tradizione in suo danno, questa non dee credersi
se non frutto di vociferazioni e sospetti nati a quel tem¬
po, mentre il Soprani afferma che la cognizione del reo
si limitò a congetture popolari; né le congetture possono
autorizzare lo storico a gravar di si nero delitto un tan¬
t'uomo. A me piace, se non prove, allegare indizi della
innocenza del G. B. — Pellegro Piola nell’ epoca in cui fu
ucciso era un giovinetto che moveva i primi passi nell'ar¬
te, cercando imitazioni e preparandosi uno stile, incerto
ancora di se stesso, né molto favorito di commissioni; il Car¬
lone s’ avvicinava al cinquantesimo anno, già pieno di fama
in Genova e fuori, già autore d’innumerabili opere, invi¬
tato ed onorato d’ ogni parte ; onde è mestieri supporlo
più stolto che maligno, per torsi dagli occhi un giovane
principiante, benché lodato siccome promettitore di bei