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QUINTA
quivi, siccome in altri luoghi ove progressiva¬
mente si tracciarono nobili passeggi, un suc¬
cedersi di vicoli trasversali, che dalle alture di
Castelletto discendevano alle contrade della Mad¬
dalena e alla popolosa Soziglia. Questa oscura
parte della città, piantata di meschini ed im¬
mondi tugurii nomavasi Montalbano; chi può sa-
perne le cause? E per colmo d’abbiezione la
Repubblica vi confinava le meretrici, come si
legge ne’ duri statuti imposti a quelle misera¬
bili, i quali s’hanno tuttora per manoscritto.
Nel 1551 fu deciso, che tramezzo a cosiffatte
sozzure inoltrasse una nuova strada, che fosse
quasi un centro alla superba città, e un seggio
alla privata opulenza. L’ingegnere era in pron¬
to; intendo Galeazzo Alessi, venuto poco pri-
ma in Genova a richiesta di parecchi marchesi.
Egli ne spianò la linea, messi a terra que’ tri¬
sti abituri; ed è tradizione che, per istrana mu¬
tazion di fortuna, s’ adoperassero le pietre de’
lupanari nella cupola del Duomo, costrutta circa
quest’ epoca dal medesimo architetto. Ma ciò che
tornò in grandissimo aumento della sua fama,
furon le moli che innalzò sui fianchi della nuova
linea per cenno di doviziose famiglie, le qua¬
li, siccome vedemmo, attendevano a stabilirvisi
come principi in lor reggia. Il Vasari, che stu¬
pefatto d’una magnificenza sorta dal nulla in