GIORNATA
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Ma più delle lodi che pur gli debbo, piacerà
all’ ottimo Patrizio ch’ jo mi faccia scorta a’ co¬
nościtori, e additi loro con iscrupolosa esat-
tezza il tesoro ch’ egli si piacque di radunare.
Ascendiamo adunque, fra le delizie de’ raffaelle¬
schi, le scale. Di questi si dà merito al Tava¬
rone con aggiunta non lieve al suo nome, giac¬
chè pochi altri, per questo genere d’ornati,
potrebbero rivaleggiare con lui. La descrizione
dell’ interno cominci dalla Sala, ch’ è capo ed
insegna (dirò cosi) d’ogni palazzo, benchè i
famigli c’invitino a tenere altr’ ordine.
Quivi le pitture di Lazzaro Tavarone non ci
permettono quasi di posar occhio sui moderni
fregi e le eleganti decorazioni modellate di ri¬
lievo tutto all’ intorno dallo svizzero Bernasconi,
benchè capaci per se stesse di conciliar lode e
dignità ad una sala. Ma chi può dire l’ impo-
nenza che acquista il volto da tante istorie, e
da si degno pennello? Anzi una sola è l’istoria,
ed è nuovo esperimento di fecondo ingegno lo
averne cavate tante medaglie quante ne capiva
lo sfondo. Le oneste accoglienze iterate dal Doge
Antoniotto Adorno al Pontefice Urbano VI nel
1385 sono argomento ad ogni medaglia. Nella
prima a destra, Antoniotto ordina a Clemente
di Fazio capitano di dieci triremi, che liberi
quel Papa dall’ assedio postogli a Nocera, ed