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condotto à Genova e quivi lasciato in balla-della sorte
dal cremonese Aurelio Busso, indi inviato a Roma dal
march. Tobia Pallavicino che in capo a pochi anni
il riebbe pittore scultore ed architetto. Per lui mi¬
gliorò il Cambiaso nella prospettiva, c a sua posta
giovò al Bergamasco con quella, energia e prontezza
di gran disegnatore che palesava in ogni affresco.
Spesso lavorarono uniti ; c con tal rassomiglianza di
stile che non è agevole il distinguerli ; cagione gli
studi che l’ uno e l’ altro cercò ne’ prediletti esemplari
di Roma. Nel 1576 il Castello cercò miglior fortuna
in Ispagna, e trovando favori presso Filippo II stette
a’ suoi servigi tre anni dopo i quali mori. In mezzo a
tante glorie parve ottenebrarsi il genio di Luca per
un forte amore che il prese d' una sua cognata, che
invano sperò di condurre a nozze, per quanto con
bei presenti ne implorasse dal Papá l’ assenso. Dopo
la morte del Bergamasco fu chiamato in Ispagna a
supplir l’amico: ed ei volava colà pieno di nuove
speranze, che il re gli otterrebbe il pontificio indulto.
Fallitegli nuovamente, n’ ebbe cosiffatto travaglio che
cedette alla vita nel 1585. La terza sua epoca che si
riconosce alla fiacchezza delle tinte, e che par quasi
un ritratto dell’animo suo, convien recarla in parte
all' affetto malaugurato, in parte ai bisogni della fa¬
miglia che l'obbligayano a dipingere velocemente e
contro sua voglia.
Per ordir le fila della sua scuola direm prima di
Orazio figli» di lui, benchè forse il più mediocre fra
j molti discepoli, seguace delle massime paterne ma
nel seguirle troppo lentó; poi d'’ un Francesco Spez-