Full text: Lib. VII (7)

CAPO V. 
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rio Alabandeo presso i Tralliensi con eleganza di 
lavoro raffigurò una scena nel teatro minore, che 
to, pure taluno vorrebbe in certo qual modo giustificare quei 
capricci, e fra gli altri lo Stratico, la di cui opinione noi cre¬ 
diamo bene di esaminare. Questa maniera di dipingere, dic'e¬ 
gli, si trova in tutti gli edifizi antichi, e quantunque sia impro¬ 
pria e contraria alla verità, piacque prima di Vitruvio che la de¬ 
testa, piacque ai suoi tempi, e place tuttora da poi che fu richia¬ 
mata da Rafaello Sancio di Urbino, che la osservò nelle terme 
di Tito, e la pose in esecuzione particolarmente nei portici 
del Vaticano; maniera che dagl' Italiani su detta grottesca, 
forse dall' avere trovate molte di simili pitture nei conclavi 
sotterranei fatti a volta, che si credevano grotte. Parimente 
se ne veggono negli avanzi di Ercolano e di Pompei, non 
che negli ornati di antichi sepolcri. Indi soggiunge, che in 
tutto ciò che riguarda l'ornato non si deve seguire la scru¬ 
polosa ragione, ma bisogna concedere- qualcosa all' immagi¬ 
nazione; e nella stessa architettura vi sono molti esempj di 
ornati, che se si dovessero sottoporre. allo scrutinio della ra¬ 
gione si troverebbero assurdi, e che pure si lodano. Nell'in¬ 
terno del Panteon vi sono frontispizj; gli architetti più ri¬ 
putati collocano modiglioni e triglifi in tutte e quattro le fac¬ 
ce di un edifizio, e scolpiscono teste di leone anche sopra le 
colonne, benchè gli stillicidj ragionevôlmente si debbano dis 
porre soltanto negl' intercolunnj. 
A noi sembra però che la verità non sia tanto nemica 
della immaginazione, quanto da taluno si crede. L'immagina¬ 
zione ha largo campo nella composizione e nella riunione 
dei varj oggetti; essa dev' essere figlia dell' ingegno, e nel¬ 
l'accozzamento informe di una testa umana con un albero, 
o col corpo di un pesce o di un uccello non può dirsi vere 
ingegno, I mostri possono destare il riso nelle prime volte che 
si veggono, ma non saranno mai ministri di un costante pla¬ 
cere. Il vero scopo delle arti belle dev' essère di far si, che 
le loro produzioni piacciano sommamente e piacciano a lun¬ 
go. Vi sia la varieta, ma non il capriccio; e se anche que¬ 
sto in qualche caso viene tollerato, lo si faccia con modera¬ 
zione, ed in quei luoghi soltanto che ai capricci vengono pur 
destinati. La finitezza dell' esecuzione che si osserva nelle o¬ 
pere di Rafaello, non meno che nelle dipinture che si sco¬ 
prirono in Pompei, sarà sempre in contrasto colla irragione¬ 
volezza dei subietti. Belle sono tutte le pitture di Giovan¬ 
ni d' Udine, ma bellissime si reputano quelle che plù si al¬ 
lontanano dalla maniera capricciosa dei pittori del seicento.
	        
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