Full text: Lib. VI (6)

GIUNTA 1. 
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verte poi l' autore opportunamente, che si fanno queste te¬ 
stuggini solamente là dove non siavi molto tratto di larghez¬ 
za (ubi non sint impetus magni), perchè queste terrazze 
debbono solo avere un insensibile declivio: che se fossero i 
volti molto larghi, sarebbero dalle pioggie danneggiati, par¬ 
ticolarmente per essere il coperto piano anzichè inclinato. 
Si dimostrò pertanto chiaramente, senza bisogno di molte 
autorità, che Vitruvio in questo capo III. del suo VI. libro 
indicò cinque maniere non di cortili, ma di sale, che i Gre¬ 
ci, come accenna anche il Barbaro, chiamavano Aule, e che 
sono quei primi luoghi delle case che si usano anche ai no¬ 
stri giorni; essendo vero che la comodità ed il gusto ci con¬ 
servarono la medesima scienza, ancorchè siensi perduti i li¬ 
bri degli antichi maestri, o diventati difficilissimi ad inten¬ 
dersi. Non è però da ommettersi un osservazione, per la qua¬ 
le può far che si accordino le due opinioni sulla vera signi¬ 
ficazione di cavedio. Dalle cose dimostrate risulta che in mez¬ 
zo alla fabbrica v' era la sala, ma poichè il coperto di que¬ 
sta rimanea più basso dei muri circostanti, vi si formava nel 
corpo della fabbrica medesima una cavità, che veniva ad es¬ 
sere, per cosi dire, un cortile pensile. Ora è probabile che 
questo abbia passato il suo nome alla sala di sotto, ed ecco 
la ragione, per cui alcuni autori sembrano per cavedio in¬ 
tendere una sala, ed altri un cortile. E ciò basti sui cavedi. 
Venendo ora al capo IV. del libro succitato, si deve spie¬ 
gare cosa sieno gli atrj, le ale e il tablino; per lo che si e¬ 
saminino attentamente le parole di Vitruvio. Sul fine appun¬ 
to della descrizione che fa del tablino parla in questo modo: 
„ Non enim atria majora cum minoribus easdem possunt ha¬ 
„bere symmetriarum rationes. Si enim majorum symmetriis 
„utemur in minoribus, neque tablina, neque alae utilitatem 
„poterunt habere ; vale a dire: „Perchè gli atri minori e i 
„maggiori non possono avere le stesse proporzioni di sim¬ 
„metrie. Che se noi nei minori usassimo le simmetrie dei 
„maggiori, nè i tablini nè le ale potrebbero giovare a nulla?. 
Or che ci volle dire con ciò il nostro autore? Ascoltiamo il 
Barbaro, che chiaramente lo espone alla pag. 216. „ Ex al¬ 
„legato capite vitruvianae lectionis sensus ostenditur appa¬ 
„retque quod in atrio tablinum erat imaginesque et statuae";
	        
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