LIBRO VI.
34
pongano a tanta altezza, quanta è la larghezza del-
le ale. Il rapporto fra le altezze e le larghezze
delle porte (1), se doriche, si faccia alla dorica,
e se joniche, alla jonica, siccome fu esposto nel
quarto libro intorno alle simmetrie delle porte. Il
lume dell' impluvio (2) non si lasci nè più largo
della quarta parte, nè più ristretto della terza par¬
te della larghezza dell’ atrio; la sua lunghezza poi
abbia la stessa proporzione di quella dell'atrio me¬
desimo.
29. I peristilj (3) poi sieno un terzo più lun¬
ghi a traverso che nel di dentro: le colonne al¬
te, quanto larghi i portici. Gl'intercolunnj de pe¬
ristilj non sieno distanti fra loro nè men di tre,
nè più di quattro grossezze di colonne. Che se
nel peristilio si dovessero far le colonne alla do¬
rica, si prendano i moduli come ho scritto nel
ta è la larghezza delle ale, non potendosi certamente ritene¬
re che queste ale sieno le stesse poco prima descritte. Cosi
l' Ortiz.
(1) Sembra che qui siano indicate quelle porte che met¬
tevano dal vestibolo all'atrio; poichè se dall' ambulacro al
vestibolo non eravi altro ingresso che l'intercolunnio, que¬
sto doveva essere chiuso con cancelli di ferro, o con inve¬
triate.
(2) Il Pontedera e lo Schneider per la fede degli antichi
codici leggono compluvium e non impluvium, la qual lezio¬
ne si dice essere stata cangiata da Giocondo. Ma secondo la
vera interpretazione di Vitruvio si deve seguire il Giocondo.
Veggasi la Giunta I.
(3) Era questo un luogo ampio ed interno posto al di là
del tablino, cinto da colonne, d' onde trae il suo nome. Il
Galiani suppone che intorno al peristilio fossero disposte le
stanze dei padroni ; ma osserva lo Stratico che Vitruvio nel
capo terzo dice: i triclinj, ch'erano propriamente queste
stanze, ricevevano luce dal cavedio.