CAPO II.
Ne' templi areostili le colonne debbonsi fare grosse (*) per un ottavo
della loro altezza. Nel diastilo si dee dividere l'altezza della colonna in
otto parti e mezzo, ed una di queste diasi alla grossezza della colonna.
Nel sistilo l'altezza dividasi in nove parti e mezzo, ed una di queste sia
assegnata alla grossezza della colonna. Nel picnostilo dividasi l'altezza in
dieci parti, e d'una di esse si faccia la grossezza della colonna. L' altezza
poi della colonna nel tempio eustilo si divide, come nel diastilo, in otto
parti e mezzo (2): con una di queste parti poi si determini la grossezza
dell' imo scapo (3, e cosi si avrà partitamente la regola per ciascuna specie
d' intercolunnj. Perciocchè a proporzione che crescono gli spazj degl' in¬
tercolunnj, debbonsi ancora crescere le grossezze delle colonne; con¬
ciossiachè, ove nell'areostilo si facessero alte le colonne di nove o dieci
grossezze, elleno apparirebbero sottili e magre, per ragione che l'aria,
per la soverchia larghezza degl' intercolunnj, consuma e scema in appa¬
renza la grossezza de’ fusti: come al contrario se la grossezza de'fusti nei
picnostili fosse l'ottavo dell' altezza, risulterà una figura pesante e sgar¬
bata, atteso la frequenza e la strettezza degl' intercolunnj. Bisogna dunque
adattare le simmetrie alle specie dell' opera. Perciò anco le colonne de
cantoni debbono avere il diametro maggiore per un cinquantesimo di
quello delle altre, perchè quelle circondate dall' aria aperta 4) sembrano
a' riguardanti più sottili. Perciò col raziocinio si equilibrano le disugua¬
glianze cagionate da inganno della vista (5).
(*) Assegnandosi da Vitruvio ad ogni intercolun¬
lunnio eustilo, non diversificando dal sistilo che di
nio varie altezze di colonne, egli è evidente che
un quarto del diametro, si può considerare presso
non ogni ordine è buono per ogni specie, e che
che eguale; laddove il diastilo, essendo della lar¬
ognuna di queste specie debbe avere diverse altezze
ghezza di tre grossezze della colonna , differisce
di colonne, cominciando dai quindici piedi fino a
dall' eustilo di tre quarti del diametro : e perciò
sessanta, siccome egli dimostra in séguito. Quindi
sembra doversi attribuire all'eustilo l'altezza di dia¬
è che l'areostilo debbe avere le sue colonne alte
metri nove e mezzo, come ha il sistilo, piuttosto che
piedi quindici, e gl' intercolunnj non meno di piedi
l'altezza assegnata al diastilo di otto e mezzo. Nel
sette, perchè riescano comodi nell' edifizio: che
primo caso sarebbe l'ordine Corintio da usarsi, e
non lo Jonico. Veggasi Tav. X. Fig. 3.
gl'intercolunnj di tre diametri vogliono le colonne
(3) Scapus, significa la Grossezza inferiore della
alte piedi trenta, e gl' intercolunnj che non pas¬
sino i piedi dieci. Cosi quelli di due diamêtri ri¬
colonna. Questa voce è presa per traslato da' fusti
degli alberi, o dagli steli delle erbe. Vitruvio parla
chieggono le colonne alte piedi quaranta al più, e
degli scapi delle porte al lib. IV. cap. 6., e di
gl'intercolunnj corrisponderanno all' incirca a piedi
quelli delle scale al lib. IX. cap. 2.
otto e mezzo. Quelli poi che non hanno maggior
(4) Negli avanzi degli edifizj antichi di Roma si
intercolunnio di un diametro e mezzo, avranno le
riscontra non essere stato seguito il precetto di Vi¬
colonne alte al più piedi sessanta, perchè gl'inter¬
truvio; eccetto che nel pronao del Panteon sulla
colunnj sieno capaci di nove piedi, che è un' am¬
diritta, ove si è conservata la colonna antica: la
piezza ben sufficiente per passarvi comodamente.
quale, secondo le misure del Desgodets, è più grossa
Le figure delle cinque specie d' intercolunnj sond
di quello che prescrive Vitruvio. Difatti ha il diame¬
dimostrate nella Tav. X. Fig. 1, 2, 3, 4 e 5.
tro maggiore di once cinquantasei e mezzo del piede
(2) Cosi, dietro l' autorità del Galiani, e d'altri
di Parigi, e le altre non sono grosse che once cin¬
Vitruviani testi, i quali leggono: Eustyli autem ae¬
quantaquattro e mezzo; e cosi pure le colonne interne
dis columnae, ut diastyli, in octo partes dividatur
del portico sono più sottili di quelle della fronte.
et dimidiam. Lo Schneider peraltro e la recente Vi¬
(5) Leggo più volentieri col Galiani e collo Schnei¬
truviana Udinese edizione del Poleni leggendo in¬
der exaequandum, invece di exequendum. Vitruvio
vece (Vol. II. fac. 50): ut systili, in novem partes, ec.
anche altrove (lib. IV. cap. 4) in caso simigliante
mi conferma nel mio sentimento, avvalorato, cosi
scrive: et ita exaequabitur dispari ratione columna¬
dalla loro autorità, e senza esitanza propendo a que¬
rum crassitudo.
sta più consentanea proporzione. Poiché l'interco¬