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fezza del tempio dal pavimento sino al sofitto (1)
in parti tre e mezzo, e dandone due parti all'al¬
tezza della luce della porta. Codesta altezza sud-
dividasi in parti dodici, e di queste cinque e mez¬
20 se ne diano alla larghezza della luce, ma da
basso; sopra vadasi restringendo con questa rego¬
la. Se l'altezza della luce sarà da piedi sediciein
sotto, per la terza parte dello stipite ; se da se¬
dici piedi a venticinque, il di sopra della luce ri¬
stringasi per la quarta parte dello stipite . Se da
venticinque a trenta, la sommità si ristringa per
l'ottava parte dello stipite. Le altre porte, cha
M 2.
(1) Ma di quali lacunarj deesi credere che parlisz que
da Vitruvio? Se di quelli dell' antitempio, saremo sempre
nella difficoltà, ed oscurità somia della potta dorica, per
rispetto alla sua cornice, per aver l'obbligo di terminarla
al livello della sommità de capitelli delle colonne, e di ri-
mirarvi un gocciolatore, che /non a tutti va a verse; se
poi egli intenda de laeunarj della cella, parmi che si
possa rendere buon conto di codesta porta, come qai si
può rimirare, nella sezione del tempio. (Tuv. IX. N. 1.)
La porta è certamente parte della cella, onde dee propor-
zionarsi a quel luogo di cui è parte. Usando qui Vitravio la
voce aedis, ella, come innanzi si diceva (Cap. WV. nota 2. p. 174.
è sinonima di cella; onde da lacunarj della medesiia e non
già da quelli dell'antitempio è da piglrare la regola per
determinare l'altezza della porta