sità di persone di patria e di lingua ben diversa, fra le quali
allor si trovava, cioè nella sua prigionia in Genova, anzi di
principi, signori, e genti tutte, come nel proemio stesso, si
del Ramusio, che del Ms. di Parigi si accenna, chiaro appa
risce, che 1 vernacolo veneziano non era al certo il più ac
concio per farsi capire, ed ottenere l'intento. Si aggiunga,
che in ogni modo se si fosse trattato di esporre i propri viag
gi nel patrio dialetto, egli meno male dell’ amico di Pisa vi sa
rebbe fuor di dubbio riuscito. Quindi doppia e inutil fatica si
sarebbe spesa valendosi di questo ajuto, giacchè sarebbe stato
mestieri al Polo, oltre la material dettatura delle singole paro
le d’antico dialetto veneziano, invigilare eziandio onde fossero
scritte secondo la difficile loro particolare struttura e pronun
zia colà non usitata ; mentre potea per se stesso senz altro usa
re la penna, come usata l’ avea nello stendere in oriente i
suoi memoriali e scritture ; anzichè con iscambievole incomodo
valersi di mano altrui, e all uopo meno esperta.
7. Bensi, tornando al Ms. di Parigi dianzi allegato, reca
meraviglia come tali riflessi per se evidenti sieno sfuggiti agli
scrittori Domenicani summentovati ; e mentre producono il pro
logo, ove a chiare note si dice, che Marco Polo fece scrivere
quel libro da Rustichello da Pisa, senza far motto di versione,
francamente la suppongano tale, e chiamino l’autor di essa in
terpres anonymus; e di più asseriscano assolutamente , che il
testo primitivo , anzichè in latino, sia stato in volgare. A ciò
tutto s’indussero , come si rileva, dall’ accennarsi da Pipino nel
suo prologo da essi pure riportato, ch’ ei si addossava l’inca
rico di traslatare in latino il libro di M. Polo ab eo in oulga
ri fideliter editum et conscriptum ; e inoltre aggiungono, che
se il Polo scritto avesse latinamente, vivendo esso ancora al
tempo, in cui Pipino trovavasi in Bologna, non sarebbe stato
mestieri che questi ne intraprendesse una nuova versione , men
tre sarebbe bastato ch’ egli avesse chiesto all’ autore stesso
l'autografo, permettendogli di trascriverlo e di moltiplicarlo.
Ma non hanno essi atteso a quanto notato avea il Ramusio