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LIERO III.
un doppio ordine di colonne intorno all' edisizio.
come si vede nel tempio Dorico di Quirino, e
demia Etrusca di Cortona. Questo tempio, nominato nuova¬
mente da Vitruvio nella Prefazione del Lib. VII, viene pu¬
re indicato da Plinio (l. 36. 14.), il quale lo fa lungo 425
piedi e largo 220, con 127 colonne alte piedi 60, delle qua¬
li 36 erano tutte d'un pezzo. Taluni non sapevano come
poter combinare il numero dispari delle colonne, e Demetrio
Aulisi ne contò per tal motivo nove nella facciata del posti¬
co; ma il Poleni giudiziosamente, come osserva l'Orsini, sep¬
pe compartirne sette in quella piccola aja rotonda che si ve¬
de dietro al sacrario del tempie.
Il Canina però non può sottoscrivere all'opinione del Po¬
leni. Egli invece suppone, dietro la descrizione lasciataci da
Plinio, che il tempio sia stato decastilo, come lo supposero
parecchi altri scrittori, specialmente dopo le ultime scoperte
di altri tempj dei Joni ; e per accordare questa sua opinio¬
ne con quanto dice Vitruvio, ritiene che questo autore in¬
tenda di parlare del tempio, ch’esisteva prima del celebre in¬
cendio avvenuto per mano di Alessandro Erostrato, e che
Plinio lo descriva dopo la sua nuova riedificazione. Quindi
ne dà egli la sua idea sulla configurazione di questo templo,
tracciando l'icnografia nel modo che si vede nella Tay. 12..
e l'ortogralia come nella Tav. 13, desunte dalle dimensioni
date da Plinio, e dalle forme osservate negli altri tempi Jo¬
nici della Grecia Asiatica, e particolarmente in quelli di Apol¬
lo Didimeo, e di Minerva Prienese. Le molte ragioni, che ad¬
duce l'archiletto Romano per sostenere la disposizione da lui
immaginata di questo magnifico teinpio, sono plausibili; nul¬
ladimeno ci pare molto sorprendente che Vitruvio citi a que¬
sto luogo un monumento che più non esisteva, monumento.
ch egli porta più volte ad esempio di magnificenza, e che
non faccia menzione di quello si ampiamente descritto da
Plinio, il quale si accorda a segno con Vitruvio, da lasciar
dubbio quale di questi due autori abbia approfittato delle
cognizioni dell'altro, e che per lo meno, come osserva lo
Stratico nella sua prima esercitazione vitruviana, si debbo-
no ritenère siccome coetanei. Di più si osservi che il nostro
autore cita dovunque esempj esistenti, ed appunto per ciò
andava a cercarli, ove si trovavano, quando non glieli som¬
ministrava la sua Roma; e qui pure, parlando del diptero,
dice : com' è nel tempio Dorico di Quirino, e nel Jonico
di Diana Efesia. Non possiamo quindi assolutamente conve¬
nire col Canina sulla distinzione, che fa del tempio indicato
da Vitruvio, e quello descritto da Plinio; e crediamo che