LIBRO II.
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sono coll andar degli anni non essere rovinose.
Onde quando si chiamano gli arbitri dei muri
comuni (1), non gli stimano al prezzo che furo¬
no fabbricati; ma quando trovano dai registri le
locazioni (2) di quelli, per ciaschedun degli an¬
ni passati deducono l' ottantesima parte del prez¬
zo, e cosi della residua somma fanno che se ne
restituisca una parte per questi muri, pronunzian¬
do sentenza che non possono durare più d'ottan¬
t' anni. Ma dai muri di mattone, purchè si veg¬
gano a piombo, nulla si deduce, ma sempre si
stimano al prezzo medesimo che furono fabbrica¬
ti. Perciò in alcune città si gli edifizi pubblici,
che le case private, ed anco le regie fatte son di
mattoni. E prima di tutte il muro d'Atene, che
guarda il monte Imetto ed il Pentelense. Pari¬
mente ne' tempj del Padre Giove e di Ercole le
(1) Dice lo Stratico, che per muri comuni si devono in¬
tendere tutti quelli descritti da Vitruvio come usati dai Ro¬
mani, e pei quali ha segnato una deficienza di solidità. E
noi credfâmo che abbia ragione in confronto dell'Orsini, il
quale vorrebbe che fossero cosi denominati quei muri che
cadevano sul luogo del pubblico, dovendosi intendere comu¬
ni non perchè appartenessero a più d'uno, ma perchè era con¬
suetudine di eseguirli di quella forma determinata; ed avreb¬
be dovuto cosi pensarla anche l'Orsini quando disse, che in
Roma di presente chiamansi muri comuni quelli che non ec¬
cedono la grossezza di due palmi Romani di architetto ; e
che nella sua augusta Perugia diconsi muri comuni quelli
che sono grossi per un piede e mezzo.
(2) Si è tradotta letteralmente la voce latina. Vitruvio
parla secondo il modo della scrittura de'suoi tempi. Or si è
cangiato il modo di scrivere, ma non il nome della cosa. In¬
vece di tavola si dice carta. Ma la voce locazione è ancora
la stessa.