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cano, insomma, essere io affetto da quella lebbra fu-
nestissima, che si chiama straniomania.
Io aborro gli spropositi: e quando mi avviene,
come a tutti, di dirne uno, tenete pure per fermo che
quello è uno sproposito colposo: va, cioè, oltre l’in¬
tenzione: e se alcuno, indicandomelo, mi persuade, io
gli stringo la mano e lo ringrazio; ma quando, credo
d’esser nel vero non c’è forza che valga a Smraovermi
dal mio posto. Questa volta, a farlo apposta, credo
d’aver dato nel segno: venite dunque qua, e vediamo
se mi riesce di farvi ragionare : so che l’assunto è dif-
ficile: ma, a furia di pazienza e di buona volontà, si
può riuscire anco a questo.
Voi avreste ragione di accusarmi di straniomania,
se parlando di poemi lodassi l’ Enriade del Voltaire,
tacendo della Gerusalemme del Tasso: o se chiamassi
numi tutelari della lirica del tempo nostro l’Hugo, il
De Musset, dimenticando il Manzoni, il Leopardi: o
anco se trattando della scultura dessi al Pradier e al
David (D’Angers) il posto che spetta al Canova, al
Bartolini; ma in materia di pittura moderna, io non
poteva non citare i francesi: i quali, volere o non vo¬
lere, sono più innanzi di noi.
L’Italia, nessuno lo nega, fu nell’evo moderno,
quello che per l’evo antico era stata la Grecia: l’alma
parens dell’arte : e fu ai tempi nei quali l’universo
s’inchinava alla splendida trinità di Roma, Firenze e
Venezia; quando Leonardo, Michelangelo, Raffaello,
Tiziano e tanti altri facevano questa terra regina nel¬
l’arte come Dio l’ha fatta regina nella natura; poi
venne la decadenza, la quale è durata sino a questi
ultimi anni. Ricercare le cause per le quali essa ven¬