LIBRO VI.
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che sono, non credo che vi sia dubbio, secondo
le nature e i bisogni dei luoghi, doversi fare de¬
trazioni od aggiunte, e tali che nulla resti a de¬
siderare nell' opera. Ma queste cose si fanno col¬
l' acume dell' ingegno, non con le sole dottrine (1).
19. Adunque dee stabilirsi prima di, tutto la
regola delle simmetrie, da cui si desuma la giu¬
sta commutazione (2). Poscia si disegni lo spa¬
zio inferiore dell' opera e dei luoghi da farsi si
in lungo che in largo, di cui una volta che sia
determinata la grandezza, dee succedere l' appa¬
rato della proporzione al decoro, affinchè ai ri¬
guardanti l'aspetto dell' euritmia non riesca con
fuso: il che or io pronunzierò con quali regole
si eseguisca. E primieramente dirò come debbano
farsi i cavedj.
(1) Veggasi la nota superiore; e per sostenere il nostro
assunto ci corroboriamo coll' autorità di Vitruvio, e ripetia¬
mo: il buon intendimento fa le belle opere; le dottrine so¬
le non fanno che vanità ; bensi quello con queste può da¬
re all' arte la perfezione: ma è pur troppo vero che la na¬
tura è avara d'ingegni créatori, e che corrono secoli di dot¬
trine, i quali producono migliaja di opere vaste e superbe,
e forse appena una che dica all’animo di chi la contempla:
io feci il mio autore immortale.
(2) Cosi il testo; ed il senso è (come fu detto di sopra)
che per via di detrazioni od aggiunte si contemperi la co¬
sa in modo, che nulla resti a desiderare; questo solo è ciò
che si può mutar dalla regola.