leggi dagli antichi artisti osservate, benchè a noi non mai
co loro scritti comunicate.
Basta esaminare la grand opera di VirRuvio per vedere
çon quale nobil metodo , che è quanto dire con quale
sublime e sana filosofia ordinasse i precetti di una scienza
che egli il primo alla sua nazione insegnava, e per la
quale, nuova siccome, nuovo ancora doveva essere tutto il
linguaggio ; e quinci dovette egli, come bene osserva il
Barbaro, studiare la semplicità dei vocaboli e la proprietà
delle parole, del che ha renduto ragione con fina logica
nel proemio del libro V. « Non si scrive (dice VITRUvio
» medesimo) dell' Architettura, come si scrivono le istorie,
»ovvero i poemi : i vocaboli nati dalla propria necessita
» dell'arte con inusitato parlare oscurano la intelligenza; e
» non essendo questi da sè manifesti, e neppure esposti e
» chiari i nomi nella pratica e nella consuetudine, vaghe
» altresi riescono le scritture de precetti, se non si restrin¬
gono e con brevi ed aperte sentenze non si dichiarano,
» giacchè la moltitudine e la frequenza del parlare dubbiose
» rendono le menti dei leggitori ». Comprendeva egli pure
d'essersi accinto a scrivère cose inusitate ed oscure per
molti ; massimamente ove parla dell Armonia , dicendo:
«Essere la dottrina musica oscura e difficile, sopra tutto
» per coloro che non intendono la lingua greca: e, volendone
» noi trattare, doyremo anche servirci di parole greche,
» perchè molte di queste non hanno l'equivalente termine
» proprio latino » (1). Quindi studiossi di accoppiare la
(1) Seneca, lib. II, de Benef., dice : Ingens appellationibus signare non possumus, alienis
est rerum copia sine nomine, quas cum propriis accommodatis utimur.