Alighieri discendente di Dante, e figlio dell' elegantissimo
Dante III. lo tradusse ancora, e lo arricchi d'annotazioni,
assicurando lo stesso Nogarola ch' egli non conosceva al¬
cuno più versato e profondo nell intelligenza di VITRuvio
quanto quest uomo dottissimo. Anco M. Antonio Majo¬
ragio, scrivendo contro Gaudenzio Merula, fa menzione dei
commenti Vitruviani di Bernardino Merula; e Celio Cal¬
cagnini, in un epistola diretta a Giacomo Zieglero, dà
somme laudi alle difesa, dichiarazioni, e critica sopra
VirRUvio del grande Rafaello Urbinate (1).
Vuolsi ora conoscere appieno le cagioni efficienti, per
cui molti si ritennero dal leggere studiosamente ViTRuvio,
o non mostrarono di farne quel conto, che pure si do¬
veva, come di fondatore e di legislatore dell' arte di edi¬
ficare? Il Barbaro nel suo Proemio alcune ne ha additate,
per le quali, dic egli, taluni lettori di ViTRuvio erano
spaventati, e ritardati gli studiosi dallo internarsi nella
di lui opera e nelle di lui dottrine. La prima, com egli
si esprime, è il poco sapere di molti, i quali si vogliono
dare a VirRuvio senza cognizioni di lettere ; altri, segue
egli a dire, non conoscono il bisogno di sapere, e sono
come sofisti e vantatori, i disetti dei quali dallo stesso
VITRUVIo sono in più luoghi scoperti (2). Altra difficoltà
(1) Raphael Urbinas, juvenis summae boni¬
omnis livor absit ab accusatione. Poleni, Exer.
tatis, sed admirabilis ingenii. Hic magnis excel¬
Vitr. pag. 25.
lit virtutibus, facile pictorum omnium princep¬
(2) Anco il Filandro, nella chiusa della si
seu in theoricen seu in praxin inspicias. A.
digressione, riferita dai Poleni e Stratico, vol.I
Eum autem ar¬
chitectus vero tantae industriae, ut in ea inve
p. I. pag. 120, cosi si esprime.
itum et solertem
quae solertissima ingenia fieri
niat ac perficiat,
chitectum oportet usu esse peri.
posse desperaverunt. Praetermitto Vitruvium
qui demere, aut adjicere praescriptis velit.
ue demum si non improbe fiet, quod admo
m ille non enarrat solum, sed certissimis ra¬
Vitruvius lib. V. cap. 7, et lib. VI. cap. 6. Ut
nibus aut defendit, aut accusat; tam lepide, ut